Frieze e Gucci hanno commissionato a Jeremy Deller, vincitore del Turner Prize, e a Josh Blaaberg, regista e artista figurativo, dei film ispirati a ‘The Second Summer of Love’, l’esplosione di musica elettronica e cultura giovanile che si diffuse rapidamente in Gran Bretagna e in Europa a partire dal 1988.

Queste commissioni si aggiungono al film Into A Space Of Love, di Wu Tsang, un documentario magico-realista che esplora l’eredità della house music nella cultura underground di New York, proiettato in anteprima al Frieze di New York a maggio.

I film verranno proiettati insieme per la prima volta al Frieze di Londra in ottobre, seguiti da un dibattito con gli artisti. La serie The Second Summer of Love esamina la persistente influenza dell’acid house nella cultura contemporanea internazionale, facendone risalire l’origine alla disco scene ‘nostrana’ dell’Italia alla metà degli anni ‘80, con l’introduzione di suoni europei sintetizzati nelle fiorenti culture house e techno di Chicago, Detroit e New York, fino alla frattura permanente dell’identità britannica e alla sua ricostruzione attraverso il fenomeno dei rave.

La serie è accompagnata da quattro filmati introduttivi, di 60 secondi ciascuno, diretti da Adam Csoka Keller e Evelyn Benčičová.

Everybody in The Place: An Incomplete History of Britain 1984-1992, Jeremy Deller


Il fenomeno della acid house viene spesso descritto come un prodotto sui generis, ispirato da un manipolo di DJ che lavoravano a Londra e avevano scoperto l’ecstasy durante una vacanza a Ibiza nel 1987. Per la verità, l’esplosione dell’acid house e dei rave nel Regno Unito fu il prodotto di un più vasto e profondo insieme di punti di rottura, già presenti nella cultura britannica, che si estendevano dal cuore delle città alla campagna più remota, attraversando linee di demarcazione fra classe, identità sociale e geografia fino a quel momento ritenute impenetrabili.

Con Everybody In the Place l’artista Jeremy Deller, vincitore del Turner Prize, ribalta i comuni concetti di rave e acid house, ponendoli al centro dei grandi cambiamenti sociali che sconvolgono la Gran Bretagna negli anni ‘80.

Materiali d’archivio rari o inediti raccontano la storia, dai movimenti di protesta ai rave party nei capannoni abbandonati, l’agitazione degli operai che tracima nello sfogo caotico sulla pista da ballo. Nel filmato vediamo una classe di studenti di politica dell’ultimo anno delle superiori che scopre queste storie per la prima volta, esaminando questa narrativa familiare dalla prospettiva di una generazione per la quale si tratta già di un passato remoto.

Vediamo così come la cultura rave debba tanto alla cosiddetta Battaglia di Orgreave (1984) e ai club gay underground di Chicago, quanto ai cambiamenti nello stile musicale: non semplicemente un gesto di significato culturale, ma il fulcro di un cambiamento generazionale nell’identità britannica, che collega la storia del movimento operaio e dell’azione radicale agli orizzonti più ampi di un futuro post-industriale.

Distant Planet: The Six Chapters of Simona, Josh Blaaberg


L’Italo disco è spesso visto come il parente povero del pop USA e britannico, sulla base di una gerarchia culturale fondata su una serie di presupposti condivisi e relativi all’idea di nazione, lingua, identità e originalità. In Distant Planet, Josh Blaaberg mescola fantasia, materiale d’archivio e interviste in un’esplorazione di come gli impulsi emotivi siano al centro non solo di questi, ma di tutti i presupposti culturali, e di come realtà e desiderio siano, per loro natura, intimamente legati. Il film immagina un universo dove la New York che esisteva verso la metà degli anni ’80 si scatena per le più recenti novità dell’Italo disco, e dove fontane da cui sgorga Campari vengono erette per decreto presidenziale. Il film dà spazio al genere in tutto il suo fascino e illusorietà, celebrando le anonime star che cantavano in un inglese preso in prestito, con nomi d’arte americani.

Partendo dalla premessa che la vita è fugace quanto un effimero successo Italo disco, il film definisce il genere attraverso l’idea della perdita: perdita di lingua e di voce, e naufragio di speranze in un futuro migliore. Il film esplora quindi l’idea che l’eterno desiderio di superare la perdita sia il vero significato dell’opulenza, e costruisce un parallelismo fra la perdita delle persone amate, la strana irrealtà dell’esperienza del dolore nell’infanzia, e la mescolanza unica di suoni gioiosi e tristi che caratterizza la musica.

Attraverso immagini d’archivio, interviste e irrealtà re-immaginate, Distant Planet prende tre star dell’Italo disco e le segue in un viaggio durante il quale si riconnettono con le fantasie dimenticate della musica. Così facendo, le star vengono elevate al loro giusto rango nella storia del pop. Acquisita l’immortalità come semidei sulle pendici dell’Etna, ogni senso di perdita si dilegua e le gerarchie culturali vengono superate.

Everybody in The Place e Distant Planet: The Six Chapters of Simona saranno proiettati esclusivamente allo spazio cinema Gucci Wooster a New York dal 6 al 20 luglio, con quattro proiezioni speciali al giorno.