Colette film trama 2018 – E’ uscito al cinema Colette, il film che racconta la storia di Sidonie-Gabrielle Colette, l’autrice più innovativa e spregiudicata della Belle Époque parigina.

Nata e cresciuta in un piccolo centro della campagna francese, Colette arriva nella Parigi di fine Ottocento dopo aver sposato Willy, un ambizioso impresario letterario.

Affascinata dalla vivacità intellettuale dei salotti della capitale e spinta a scrivere dal marito, Colette riprende i suoi scritti di scuola e dà alla luce una serie di libri pubblicati con il nome di Willy.

I romanzi diventano ben presto un fenomeno letterario e la loro protagonista – Claudine – un’icona della cultura pop parigina, oltre che un simbolo di libertà femminile.

Mentre cresce insieme alla sua Claudine, diventando sempre più consapevole di se stessa, Colette decide di porre fine al suo matrimonio e inizia una battaglia per rivendicare la proprietà delle sue opere e guadagnare la sospirata emancipazione sociale.

Fin dal momento della sua ascesa al successo – a tratti famigerato – nella Francia di inizio ventesimo secolo, Sidonie-Gabrielle Colette è stata un’affascinante fonte di ispirazione per innumerevoli lettori.

A lungo sfruttata dal marito, Henry Gauthier-Villars (noto a tutti come ‘Willy’), fu inizialmente spinta a pubblicare i fortunati romanzi semi autobiografici della serie Claudine col nome di lui, ma col tempo trovò la forza di rompere questo legame malsano e acquisì finalmente una notorietà propria.

Chéri (1920) e Gigi (1944) furono infatti pubblicati entrambi sotto il suo vero nome, e furono tanto acclamati dal pubblico che quest’ultimo, nel 1958, fu trasformato dalla MGM in un musical oggi diventato celeberrimo.

COLETTE: L’ORIGINE DEL PROGETTO

Westmoreland e Glatzer andarono in Francia nell’estate del 2001 per cominciare a scrivere la prima stesura di una sceneggiatura originale intitolata “Colette e Willy”. Il progetto era di lavorare in un appartamento a Parigi preso in prestito da un amico, ma al loro arrivo scoprirono che era stato affittato.

“Non avevamo un altro posto dove andare, finché un altro amico ci disse: ”Ho una casetta in campagna. E’ molto isolata, potete andare lì, se volete””, dice Westmoreland. “Scoprimmo che era un fatiscente maniero del 15° secolo, con un grande stagno da mulino e un campanile infestato dai pipistrelli! Era meraviglioso. Niente Internet, niente TV. Completamente tagliato fuori dalla tecnologia. Così, immersi nel silenzio, concentrati, riuscimmo a completare la prima bozza in 10 giorni. Fu tutto molto veloce”.

Westmoreland e Glatzer furono attenti a non annunciare che stavano scrivendo un film su Colette. Lo dissero però al loro amico, il padrone del maniero, che raccontò del loro progetto alla zia, la quale, si scoprì, era una cara amica di Anne De Jouvenel: niente di meno che la nipote di Colette.

“Quindi, in una sola mossa, l’unica persona in tutta la Francia con la quale ci confidammo ci mise in diretto contatto con chi controllava il patrimonio di Colette”, dice Westmoreland con aria stupefatta. “E in un attimo ci ritrovammo a Parigi, a bere del tè con la Baronessa De Jouvenel. Diventammo subito amici e lei approvò pienamente il progetto, concedendoci i diritti su tutto il materiale proprietario che appare nella sceneggiatura. Ovviamente fu un dono enorme”.

Tuttavia, la messa a punto della sceneggiatura non si presentò meno impegnativa per Glatzer e Westmoreland, e ci vollero altri 16 anni e 20 bozze per arrivare alla stesura finale. L’ispirazione venne, afferma Westmoreland, proprio da Colette, dal suo coraggio nel modificare, riordinare, piegare i dettagli confusi e disordinati della vita reale a beneficio di una buona narrazione.

COLETTE: IL CAST

“Keira Knightley per il ruolo di Colette è una scelta praticamente obbligata”, afferma Westmoreland. “Keira è una incredibile combinazione di intelligenza e arguzia, oltre a possedere una innata capacità di comprendere come interpretare personaggi d’epoca; ha l’età giusta per impersonare una donna dai 19 ai 34 anni, e come autrice è molto credibile. Keira è una delle poche persone a racchiudere tutte le qualità di cui Colette aveva bisogno”.

Un altro personaggio a rivestire grande importanza era Willy. C’era bisogno di un attore che personificasse tanto il fascino quanto i difetti di Gauthier-Villars. “Susie Figgis, la nostra direttrice del casting, propose Dominic West, che in quel momento stava lavorando a Dangerous Liaisons, nel West End di Londra, perciò fu abbastanza semplice andarlo a vedere e realizzare immediatamente la corrispondenza con alcune caratteristiche di Willy: una certa indisciplinatezza, autostima e, naturalmente, il suo famoso charme, che Willy usava per coprire i suoi deprecabili comportamenti. Fu un’intuizione davvero geniale.”

Il film è dominato da queste due figure, ma la celebrata coppia frequenta un vibrante mondo di fine secolo, fatto di salotti letterari e sale da ballo: per popolarlo, Westmoreland ha applicato una filosofia di casting audace e progressista.

“Ho scelto un attore transessuale, Jake Graf, per interpretare Gaston De Caillavet e ho scelto Rebecca Root, che è un’attrice anche lei transessuale, per il ruolo della scrittrice Rachilde. Questo di norma non succede nei film in costume, e raramente si applica a film ambientati in epoca moderna”, rivela. “Inoltre, ho scelto Ray Panthaki, che è un attore asiatico britannico, per il ruolo di Pierre Veber, che in realtà era bianco, così come ho affidato a Johnny K Palmer, un attore nero, il ruolo di un’altra figura storica caucasica, Paul Heon. Ho riflettuto sul fatto che il momento storico in cui è ambientato Colette richiama l’infrangimento delle regole, la rottura dei ruoli convenzionali e una certa apertura mentale. Il cast di questo film doveva riflettere tutto questo… sembrava la strada giusta.”

Ci sono altri due ruoli di supporto molto importanti nel film che era necessario scegliere con attenzione. Prima di tutti, la parte dell’amante di Colette, Missy, che è andata alla famosa attrice di teatro irlandese Denise Gough. 

Per il ruolo della madre di Colette, Sido, Westmoreland ha scelto la famosa attrice Fiona Shaw, e la potenza della sua performance è la prova tangibile della precisione e della perfezione delle scelte di casting.

COLETTE E WILLY

Colette è la storia di un matrimonio essenzialmente basato sullo sfruttamento ma, come in ogni relazione, la questione era più complicata di così.

“Per poterne fare un film, c’era bisogno di capire la complessità del loro matrimonio”, afferma Westmoreland. “In quell’unione c’era tutto: amore, odio, tenerezza, perversione, il rapporto con un mentore che era anche un avido sfruttatore. E, non ultimo, il carattere pubblico della relazione stessa, che per molti versi si sviluppava sotto gli occhi di tutti. Colette e Willy erano di fatto ciò che oggi definiremmo una celebrity couple.”

Osservare la diciottenne Colette cominciare una relazione con un uomo molto più anziano, e trasformarsi in una giovane donna di successo, che lotta per ottenere la propria indipendenza, sembra davvero una storia drammatica.

Se a Willy mancava il talento creativo di Colette, è pur vero che era un grande innovatore nel campo del marketing. Capì subito il potenziale commerciale delle storie di Claudine, e le trasformò in un vero e proprio marchio, con una vasta gamma di prodotti che andavano dai profumi al trucco ai saponi tanto che, nel film, Colette scherza dicendo che aveva letteralmente trasformato Claudine in un “nome familiare”.

Fu lui ad incoraggiare Colette ad usare dettagli personali ed eventi della sua vita reale nei libri di Claudine, compreso un episodio in cui entrambi avevano una relazione con la stessa donna. Accoglieva gli scandali di buon grado e sapeva come manipolare la popolarità.

IL MONDO DI COLETTE

Portare alla vita la storia di Colette e Willy e ricreare Parigi durante un periodo così ricco di importanti avvenimenti quale fu la Belle Époque, è stata una sfida importante per Westmoreland, non solo perché, ad oggi, questo film rappresenta la sua opera più importante, ma anche perché è il primo senza Richard Glatzer al suo fianco.

Westmoreland ha messo insieme una squadra di prima classe che comprende la costumista Andrea Flesch, il direttore della fotografia Giles Nuttgens e lo scenografo Michael Carlin.

Westmoreland e il suo team sono stati capaci di ricostruire la Francia rurale nella campagna inglese, in Northamptonshire e in Oxfordshire, e naturalmente, hanno girato anche a Parigi, ma solo per alcuni giorni e solo scene esterne dalle quali alcuni elementi del 21° secolo sono poi stati rimossi digitalmente. 

Per realizzare appieno la loro visione della città nel trentennio che partiva dal 1890, lui e Carlin hanno trovato la location ideale a Budapest, in Ungheria, dove hanno girato molte scene, e poi agli Origo Studios, dove hanno ricreato l’appartamento di Willy e Colette.

“Nel tardo 19° secolo, Budapest emulava deliberatamente Parigi, e naturalmente questa è stata una circostanza storica molto conveniente per noi” spiega Westmoreland. “Negli anni ’90 la città fu ridisegnata sul modello parigino, inclusi gli Champs Elysées, che da loro si chiamano Andrassy, e dato che l’economia ungherese ha traballato per molto tempo, tanti posti non sono stati mai riparati o ristrutturati, il che è stato di cruciale importanza. Avevamo accesso ad intere proprietà dell’antica aristocrazia, che abbiamo usato per le riprese interne. Hanno persino il Moulin Rouge, a Budapest: è la copia esatta dell’originale, seppure nella metà dello spazio, ma al contrario di quello di Parigi non è mai stato rinnovato, quindi ha funzionato alla perfezione”

Una delle sequenze più difficili da realizzare è stata la famigerata performance del Rêve d’Égypte (Sogno d’Egitto) al Moulin Rouge nel 1907, durante la quale Colette baciò Missy sul palco, provocando gran tumulto nel pubblico.

“E’ stata veramente una sfida”, ricorda Westmoreland. “Avevamo a disposizione un solo giorno e moltissimo lavoro da fare: volevamo trasmettere la tensione, le emozioni che percorrevano la sala nell’assistere ad uno spettacolo così dinamico… e poi naturalmente c’era l’esplosione della rivolta. C’era una piccola orchestra composta da sole donne, c’era il dio egizio Anubi che suonava il gong su una delle balconate, avevamo Keira e Denise che si esibivano e poi 150 comparse in costume d’epoca stipate nella sala, di cui circa 35 erano stuntmen che dovevano innescare la rissa. E’ stato un gran giorno”.

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