E’ stata la mano di Dio: il film di Poalo Sorrentino, speciale costumi di scena
In E’ stata la mano di Dio, Paolo Sorrentino torna nella Napoli della sua gioventù per raccontare il turbolento racconto di formazione di un ragazzo, una storia resa ancora più intensa dal legame personale che presenta con il passato del suo stesso autore. È una storia più personale e decisamente più emozionale di tutte quelle che ha raccontato in precedenza.
E’ stata la mano di Dio: il trailer ufficiale
È un’immersione in una memoria viva, in un bellissimo mondo imperfetto che non sarebbe potuto durare. Ma è anche la struggente descrizione dell’impulso ad andare avanti, a creare, a cogliere qualunque sconcertante occasione si presenti, anche in mezzo a un immenso dolore.
Siamo negli anni ’80. A Napoli tutti parlano in modo febbrile di Maradona, l’illustre leggenda del calcio che pare possa, quasi per miracolo, arrivare in città per giocare nella sfavorita squadra locale. L’aria è densa di promesse e l’adolescente Fabietto Schisa la respira a pieni polmoni. Se a scuola appare come impacciato ed emarginato, la vita comunque gli sorride.
I suoi genitori sono volubili, hanno i loro difetti, ma si amano ancora. Le loro famiglie sono chiassose, a volte travagliate e tuttavia molto divertenti. I pranzi sono interminabili, i drammi famigliari vanno in scena ogni giorno, la risate sono incessanti e il futuro sembra
ancora molto lontano.
Poi, un inspiegabile incidente capovolge ogni cosa. E, come fece un tempo Sorrentino negli anni della sua gioventù, Fabietto deve trovare un modo per sfuggire alle profondità della tragedia e venire a patti con lo strano gioco del destino che lo ha lasciato in vita. Con un passato andato distrutto e nonostante tutto un’intera esistenza davanti a sé, traccia la rotta del suo percorso attraverso la perdita e verso il nuovo.
Questo insieme di devastazione e liberazione è qualcosa che Sorrentino ha sperimentato all’approssimarsi dell’età adulta. E nonostante la finzione e la realtà si intreccino liberamente in E’ stata la mano di Dio — talmente liberamente che persino gli elementi fantastici sembrano far parte del mondo perfettamente controllato di Fabietto — il film ricostruisce in modo meticoloso la città e l’atmosfera della famiglia in cui egli è cresciuto.
Nato nel 1970, Sorrentino cresce nel Quartiere Vomero di Napoli, sulla collina che si affaccia sulla distesa panoramica del porto della città. Quando ha 16 anni, entrambi i suoi genitori muoiono all’improvviso e in modo del tutto inaspettato per avvelenamento da monossido di carbonio a causa di una fuga di gas nella casa di villeggiatura della famiglia. Di norma, Sorrentino avrebbe dovuto essere insieme ai suoi genitori quel fine settimana. L’unica ragione per cui non rimane anch’egli vittima della tragedia è che ha ottenuto il permesso di restare a casa da solo, per la prima volta nella sua vita, per andare a vedere Maradona che gioca in trasferta con il Napoli.
Sorrentino arriva a percepire Maradona, un uomo già ammantato di divinità sul campo di calcio, come una forza che ha protetto la sua vita. Ma anche il cinema diventa una forza salvifica per lui, una distrazione dall’angoscia. Rifugiandosi nel fare film con grande passione, Sorrentino inizia a lavorare come aiuto regista. Esordisce nella sceneggiatura scrivendo Polvere di Napoli a quattro mani con lo sceneggiatore-regista Antonio Capuano, anch’egli personaggio chiave in E’ stata la mano di Dio.
Di lì a poco Sorrentino passa dietro alla macchina da presa con la commedia L’uomo in più, interpretata da Toni Servillo, l’ultimo film che realizza a Napoli fino a quando non vi tornerà per girare E’ stata la mano di Dio. Da quel momento in poi, Sorrentino scrive e dirige i suoi film, tra i quali La Grande Bellezza, vincitore del premio Oscar per il Miglior film straniero, e Youth – La Giovinezza, candidato agli Academy Awards, nonché l’acclamata serie televisiva HBO The Young Pope e la successiva The New Pope.
E’ stata la mano di Dio è al tempo stesso una lettera d’amore a Napoli e un portone aperto sullo spirito amante della vita che caratterizza la città. Ma la Napoli molto particolare ricercata da Sorrentino per il film è semplicemente quella che lui chiamava casa. È la Napoli più stretta, più intima che conosceva da ragazzino piccolo borghese che trascorreva il tempo andando a scuola, stando in famiglia e aspettando la partita di calcio tutte le domeniche.
COSTUMI DI SCENA
Come per gli altri aspetti del film, Sorrentino vuole che anche i costumi riflettano i propri ricordi, ma che al tempo stesso si fondano armoniosamente nel contesto. Non ci sono vistosi completi di alta sartoria, né capi tipici degli stilisti degli anni ’80, ma il tenue contorno delle silhouette dei primi anni ’80. “Paolo voleva ricreare la verità e non voleva alcun eccesso sul piano visivo”, dichiara il costumista Mariano Tufano, che qui lavora con Sorrentino per la prima volta.
Anche Tufano cresce nella Napoli degli anni ’80, quindi per creare il guardaroba comincia a mescolare e accoppiare i ricordi molto specifici di Sorrentino con le reminiscenze della propria gioventù, le fotografie d’archivio e le descrizioni dei personaggi. “All’inizio mi sono posto nell’ottica di uno spettatore di un viaggio attraverso i ricordi di Paolo di quello che indossavano i suoi fratelli e di quello che portavano lui e i suoi amici. Ma poi tutto questo si è fuso con le mie riflessioni e il mio vissuto di adolescente napoletano per creare qualcosa che non fosse realismo in piena regola”, spiega.
Oltre a vestire la famiglia Schisa, Tufano disegna circa 3500 costumi per le comparse del film. “Abbiamo fatto molto affidamento sui mercati italiani di abbigliamento vintage”, osserva. “Abbiamo passato settimane a collezionare materiali a Firenze e Napoli e abbiamo realizzato da zero tutto quello che non siamo riusciti a trovare”.
Ad eccezione dell’audizione di Fellini, Sorrentino ricerca una scala cromatica attenuata anche nei vestiti. “Ho fatto del mio meglio per rispettare la sua volontà, malgrado gli abbinamenti di colore in voga negli anni ’80 fossero piuttosto sgargianti… blu elettrici, rossi e gialli”, dichiara Tufano. “Per Fabietto, ho scelto un colore che ho ritenuto appartenesse a quel periodo, incantevole e tuttavia malinconico: una tonalità molto pallida di giallo paglierino”.
Tufano inserisce una nota fantastica nella sequenza iniziale del film. “È un momento da sogno, quindi Paolo aveva scelto un’auto d’epoca e avevamo vestito l’autista come se uscisse direttamente dagli anni 1920. Patrizia indossa un bizzarro abito bianco fuori contesto. È stata una mia scelta personale, approvata da Paolo. Abbiamo usato un tessuto trasparente, superfine che lascia intravedere il corpo sinuoso di Luisa. Era un po’ azzardato, ma trovo che funzioni molto bene per quel momento”.
Il film uscirà nelle sale cinematografiche il prossimo 24 novembre e su Netflix il 15 dicembre 2021.
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