Emilia Pérez: le interviste a Zoe Saldana, Karla Sofia Gascon e Selena Gomez, la recensione
In Emilia Pérez, Jacques Audiard racconta la storia di un boss del cartello messicano che decide di abbandonare il crimine per completare la sua transizione di genere. Un film che unisce stili narrativi diversi, affrontando temi di identità e redenzione in un’opera visivamente unica e intensa.
Emilia Pérez: il trailer ufficiale
Jacques Audiard torna con Emilia Pérez, un’opera che mescola generi, stili e temi in un racconto che scava nell’identità umana e nel desiderio di trasformazione. Ambientata tra il Messico e un palcoscenico parigino, questa storia ci conduce in un viaggio profondo e stratificato, guidato da un cast eccellente e una visione registica audace.
La trama
La storia si incentra su Manitas, un potente boss del cartello messicano, deciso a cambiare vita e corpo per diventare la donna che ha sempre sognato di essere, Emilia Pérez. A complicare la trama è l’avvocata Rita, interpretata da Zoe Saldaña, una donna ambiziosa e priva di scrupoli, che accetta di aiutare Manitas a nascondersi, ignara delle conseguenze di questa decisione.
Audiard costruisce una narrazione che si muove tra melodramma e commedia, passando per il musical. Il risultato è un racconto che sfugge alle categorizzazioni tradizionali, in cui il tema della redenzione si intreccia con una riflessione sull’identità e sulla mascolinità.
La potenza del palcoscenico
Girato principalmente su un palcoscenico a Parigi, il film si allontana dalla realtà fisica per immergersi in un mondo costruito, quasi teatrale. Questa scelta non è solo pratica ma anche simbolica, riflettendo il desiderio di Audiard di ritornare all’essenza della sua intuizione iniziale: un’opera che mescola cinema e lirica.
La collaborazione con il direttore della fotografia Paul Guilhaume e l’art director Virginie Montel ha dato vita a un universo visivo vibrante, dove la profondità di campo e l’uso delle luci creano un dinamismo che arricchisce ogni scena. I corpi delle comparse diventano parte integrante della scenografia, amplificando il senso di vitalità e movimento.
Interpretazioni memorabili
Selena Gomez, nel ruolo di una giovane complicata ma sensibile, porta sullo schermo una performance che mescola leggerezza e intensità emotiva. Zoe Saldaña, con la sua esperienza in ruoli complessi, si dimostra impeccabile nel rendere la cinica Rita. Ma è Karla Sofía Gascón, nel ruolo di Manitas/Emilia, a dominare la scena. Con il suo carisma e la sua capacità di interpretare la dualità del personaggio, offre un ritratto profondo e coinvolgente.
La colonna sonora, scritta da Clément Ducol con testi di Camille, aggiunge una dimensione unica al film. Le canzoni non sono semplici intermezzi musicali ma diventano parte integrante della narrazione, arricchendo il viaggio emotivo dei personaggi.
Un messaggio di coraggio e libertà
Più che un film sull’identità transgender, Emilia Pérez esplora la trasformazione personale come atto di coraggio. La determinazione del personaggio principale a lasciare alle spalle un passato violento e doloroso è una potente metafora di rinascita. Jacques Audiard affronta il tema con sensibilità e profondità, evitando stereotipi e portando sullo schermo una rappresentazione autentica e rispettosa.
Con Emilia Pérez, Audiard dimostra ancora una volta di essere un maestro nel raccontare storie che intrecciano temi universali e personali. Il film è un’esperienza cinematografica che invita lo spettatore a riflettere sulla complessità dell’identità umana e sull’arte della trasformazione.
Intervista a Zoe Saldana
Cosa ha pensato quando ha letto per la prima volta la sceneggiatura?
“Che era assolutamente straordinaria: non era una trama come le altre e queste non erano persone come le altre. I personaggi vivono tutti al di fuori degli schemi convenzionali. Poi ho sentito le canzoni e mi sono esaltata ancora di più. Da quel momento in poi, ho dovuto solo convincermi che sarei riuscita a farlo.”
Dovendo attribuire una nazionalità al film, quale sarebbe quella di Emilia Pérez?
“Io lo vedo come un film di Jacques Audiard. La storia è ambientata in un’iperrealtà, ma al di là di questo si tratta di persone che lottano. Emilia Pérez parla di persone che sono intrappolate in situazioni impossibili e concepiscono soluzioni impossibili.”
Come si manifesta questa natura così inarrestabile in Rita, il suo personaggio?
“Rita è un’immigrata in un posto non convenzionale ed è in cerca di qualcosa di diverso. La possibilità che le viene offerta è piena di rischi e anche se la testa le dice che non è una buona idea, il suo cuore ci vuole provare lo stesso.”
Lei dice che Rita è un’immigrata… Non credo che questo sia presente nel copione. Fa parte di un retroscena che ha creato quando ha studiato per la parte?
“Sì, fa parte di una storia che mi sono creata da sola. In questo Jacques mi ha sostenuta fino in fondo, perché mi ha aiutato a dare vita a Rita.”
Com’è stato per lei recitare in spagnolo?
“Io provengo dall’America Latina e dei Caraibi, per me è stata la prima lingua che ho sentito. Poter creare la mia arte nella mia lingua madre è stato molto speciale: non mi capita tutti i giorni di avere questa opportunità.”
Questo l’ha fatta sentire rappresentante anche di un altro gruppo di persone, in quanto attrice latina a Hollywood?
“Ho deciso di non pensare a cosa rappresentavo per evitare di assumermi una responsabilità sociale. All’inizio della mia carriera questo era un aspetto a cui pensavo spesso, sentivo la responsabilità che gravava sulle mie spalle in quanto “rappresentante” di altre persone. Ma ultimamente ho deciso di concentrarmi sul mio mestiere, sul mio lavoro e sulle mie aspirazioni.”
Ha fatto molte prove prima di cominciare le riprese. Questo cosa ha aggiunto alla sua performance?
“Sono cresciuta ballando e facendo teatro, quindi per me perché qualcosa funzioni bene deve per forza essere prima provato, preparato, studiato e poi messo in pratica. Mi sento più sicura quando ho la possibilità di fare tutto questo. Certo, è un sacrificio, perché è molto impegnativo, ma una volta sul set si ha piena libertà di essere flessibili con il regista, in modo che se lui o lei vuole cambiare qualcosa, si può contare su queste ore di preparazione. Sono anche molto ansiosa, e sono pure dislessica, quindi mi piace provare e riprovare. È il mio modo di meditare.”
Ha sempre applicato alla recitazione questa disciplina ereditata dalla sua formazione nella danza?
“L’ho sempre applicata alla dimensione fisica dei miei personaggi, ma a causa della mia dislessia di solito passo pochissimo tempo a memorizzare le mie battute. Preferisco concentrarmi sulla ricerca, sulla costruzione di una storia precedente, sulle conversazioni e sulle e-mail con il regista… La mia paura è sempre stata quella di sedermi e iniziare a memorizzare le battute, anche se in questo film l’ho fatto. Ho assunto qualcuno che recitasse le battute con me e ho anche lavorato sull’accento messicano.”
Qual è stata la scena più impegnativa da girare?
“Le scene con altri attori, soprattutto se sono molto coinvolti e sanno cosa vogliono fare, spesso mi spaventano. La scena al ristorante in cui Emilia mi rivela di essere Emilia è stata particolarmente impegnativa da questo punto di vista. C’erano molte comparse, c’è una canzone che si ripete per tutta la scena e poi abbiamo sperimentato molto durante le riprese. Jacques doveva destreggiarsi tra mille cose, e pure Karla Sofía, e pure io … Anche se all’apparenza ero molto calma, dentro di me ero molto spaventata.”
Quanto tempo ha avuto per lavorare con Karla Sofía prima delle riprese?
“Ho conosciuto Karla un anno prima di iniziare le riprese e abbiamo fatto molte prove con Jacques, quindi ero molto a mio agio con lei. Karla era molto preparata e, poiché questo tema le sta molto a cuore, è riuscita davvero a incarnare Emilia e Manitas, il che è stato meraviglioso. Il livello di rispetto e ammirazione che ho per tutti gli attori coinvolti è infinito. Selena era così plasmabile, avventurosa e flessibile.”
Per quanto tempo ha lavorato sulla scena del gala, in cui la sua performance come ballerina, cantante e attrice è decisamente spettacolare?
“Per mesi! Abbiamo iniziato a lavorare a El Mal, la scena del gala, a gennaio, ed è stata una delle ultime scene girate a giugno. Abbiamo scoperto il set tre giorni prima delle riprese, il che è stato piuttosto stressante per Damien, il coreografo. Ma fortunatamente abbiamo potuto fare molte prove con il nostro operatore Steadicam Sacha Naceri, perché la scena era in sostanza una danza con lui. È stato divertente, incredibile, spaventoso… E doloroso! Ho avuto male alla schiena, ai gomiti e al collo per giorni, ma ce l’ho fatta! Adoro tutto di quella scena.”
Può descrivere il suo lavoro sulle canzoni con Camille e Clément?
“È stato molto tecnico e anche Jacques era molto coinvolto. Per me era un piacere vedere all’opera tre maestri: Jacques come narratore e Camille e Clément come musicisti. Ci siamo incontrati spesso, abbiamo parlato e discusso a lungo, volevo che fossero orgogliosi, che sentissero che stavo rendendo onore alla loro musica, e volevo che Jacques percepisse il mio rispetto per il personaggio di Rita. Sono cresciuta a New York facendo teatro, quindi conoscevo bene l’idea del musical. In un certo senso, lavorare con un regista, un coreografo, dei direttori musicali e mettere tutto insieme per vederlo prendere vita mi ha ricordato queste esperienze in teatro. Ma non avevo mai frequentato così assiduamente musicisti e compositori e ogni giorno mi lasciavano a bocca aperta.”
Girare su un soundstage a Parigi è stato liberatorio o è stata una ulteriore sfida?
“Il soundstage è un ambiente controllato, per me è sempre stato liberatorio. Quando si lavora su set esterni è quasi come avere un personaggio in più. Il tempo e la luce cambiano continuamente e influenzano il modo in cui si gira… Quando si gira in esterni si dipende da molti elementi che sono in continuo movimento. Ma quando ci si trova in un ambiente chiuso, scatta una sorta di manipolazione che ti dà una grande libertà creativa. Io sono una fan dei green screen perché ho molta immaginazione. L’unica cosa da tenere a mente è che tutta la preparazione va fatta prima di girare, ma se il regista mi aiuta e mi dà la possibilità di studiare e di prepararmi e poi di provare, riesco a ricreare qualsiasi cosa con la mia immaginazione. Mi è piaciuto molto.”
Intervista a Karla Sofia Gascon
Chi è Emilia Pérez?
“Con Emilia Pérez è un po’ come se la Bella e la Bestia fossero rinchiuse nello stesso corpo. All’inizio del film è Manitas, una donna imprigionata in un’esistenza che non le appartiene che, a un certo punto, si ritrova ad avere l’opportunità di lasciarsi tutta questa vita alle spalle, una vita con cui non vuole più avere niente a che fare. Manitas è cresciuto in un mondo in cui i genitori preferiscono che i loro figli siano delinquenti piuttosto che “froci”. Quindi è intrappolato da entrambi i punti di vista: nella delinquenza e in una esistenza da uomo in cui non si ritrova.”
Decide quindi di lasciarsi tutto alle spalle per diventare sé stessa…
“Sì, che poi è la storia dell’umanità intera: dobbiamo sempre rinunciare a qualcosa per ottenere qualcos’altro. Ma per lei questa è l’ultima possibilità e decide che è arrivato il momento di farlo, anche se nel corso del film in parte ci ripensa e cerca di mantenere ciò che più conta per lei: il rapporto con i figli.”
Ritiene che Jacques Audiard sia riuscito a cogliere la complessità del Messico, un paese che lei conosce molto bene perché è lì che ha costruito parte della sua carriera?
“Direi proprio di sì. Quello che ha capito prima di ogni altra cosa è quanto le donne abbiano il potere di cambiare il mondo e questo concetto sta al cuore del film. Per quanto riguarda il Messico, è un Paese che ti cattura: ha degli aspetti molto ostici ma altri che sono molto belli. C’è qualcosa di tenero e di caloroso nella gente ed è un Paese in cui ho vissuto momenti davvero felici, dove ho sviluppato relazioni profonde e affettuose con amici molto cari.”
Quando ha letto la sceneggiatura, si è sentita compresa sia come donna che come trans?
“Sicuramente sì. Jacques pensava a questo progetto da tempo, aveva riflettuto a lungo sulla questione. Si è tenuto lontano dalle insidie più comuni, tra cui l’uso dei pronomi sbagliati.”
Quanto è stato impegnativo, dal punto di vista emotivo e tecnico, rappresentare le scene di Manitas?
“Di norma mi piace interpretare personaggi che siano il più possibile lontani da me e con Manitas non ho davvero nulla in comune … Ma naturalmente in alcune cose mi ci rivedevo anche io, in particolare nel suo profondo desiderio di cambiamento e nell’amore per i figli. Mi piace perché è libero, mentre Emilia è più sottomessa. Checché se ne dica, le donne sono soggette a una grande pressione a causa delle norme sociali, anche se sono più libere dentro. Quando abbiamo cominciato a girare, rappresentare Emilia è stato molto più impegnativo. Dovevo indossare un corsetto che mi limitava nei movimenti, una parrucca che mi stringeva la testa e pure i tacchi alti… Con Manitas, dopo essere stata truccata e aver applicato le protesi sul viso, ero libera di muovermi come volevo.”
Com’è stato lavorare con Zoe Saldaña e Selena Gomez?
“Se vent’anni fa mi avessero detto che avrei recitato in un film di Jacques Audiard accanto a Zoe Saldaña e Selena Gomez, non ci avrei mai creduto! Il trucco per non sentirmi sopraffatta dalla situazione è stato considerarle come sorelle e vederle in base ai ruoli che recitavano. Devo essere sembrata una pazza perché ero così immersa nel film che a volte il confine tra realtà e finzione sembrava venire meno: quando guardavo le scene di Selena con Edgar Ramirez, che interpretava il suo amante, provavo davvero la gelosia di Emilia.”
Quali sono state le scene più impegnative da interpretare?
“La scena dell’ospedale, quando Emilia si sveglia dopo l’intervento, è stata una delle prime che abbiamo girato ed è stata emotivamente impegnativa. E poi la scena di Emilia con suo figlio, nella sua stanza, mi ha fatto capire quanto fosse profondo il ruolo. Mentre ero sdraiata e guardavo le luci sul soffitto, sapevo che avrei avuto bisogno di una sorta di esorcismo alla fine delle riprese perché quello che stavo vivendo era davvero molto intenso. Sono una madre e sono stata un padre. Per me questo aspetto del film è stato molto intenso dal punto di vista emotivo, ma anche abbastanza facile da comprendere.”
Con l’uscita del film, lei si farà portavoce della “causa” transgender e della lotta per i diritti delle persone trans. Come ci si sente?
“Cominciamo col dire che prima che una paladina delle comunità trans e LGBTQI+, mi vedo innanzitutto come una persona che ha lottato per realizzare i propri sogni. Migliaia di attori in tutto il mondo faticano tanto per riuscire a lavorare e magari recitano su un palco in teatri quasi vuoti. Personalmente mi è capitato di recitare per un solo spettatore. È un lavoro molto difficile. Quindi, prima di ogni altra cosa, vorrei farmi portavoce di questo: del coraggio, del desiderio, della forza che ti aiutano a realizzare i tuoi sogni. Per quanto riguarda le persone trans, vorrei che smettessimo di essere liquidate, categorizzate e messe in una scatola, vorrei che smettessimo di essere prese in giro, insultate e odiate. Io ritengo di essere stata in un certo senso fortunata: grazie a mia moglie e alla mia famiglia sono riuscita a portare avanti la mia transizione continuando a vivere la mia vita. Ma dobbiamo pensare a tutte quelle donne trans che devono prostituirsi perché perdono il lavoro e non hanno mezzi di sussistenza. Vorrei che tutti potessimo vivere alla luce del sole e, soprattutto, vivere una vita normale.”
Intervista a Selena Gomez
Lei ha sempre ballato, cantato e recitato. Quanto sono collegati per lei tutti questi campi artistici?
“Quando canto recito sicuramente, perché mi perdo nei testi e mi sembra di interpretare un personaggio. Non mi considero la ballerina migliore del mondo, ma adoro il senso di libertà che si vive attraverso la musica e il modo in cui si può rappresentare qualsiasi storia. Tristezza, felicità, solitudine, empowerment… Tutto si collega l’uno all’altro. Per questo film si trattava di una parte fondamentale del personaggio ed era uno stile di danza che non avevo mai fatto prima. È stato molto complesso e sorprendente.”
Il film è ambientato in Messico, paese d’origine di suo padre, però lei è cresciuta in Texas. Che rapporto ha con il Messico e, più in generale, con la cultura messicana?
“Mia nonna arrivò negli Stati Uniti dal Messico nel 1973 sul retro di un camion e divenne cittadina americana 18 anni dopo. Non è stato facile per lei, perché ha lasciato gran parte della sua famiglia in Messico. Mio padre ha fatto un ottimo lavoro riuscendo a mantenere vivo il legame con le mie radici in tutto, dalle tradizioni al cibo, alla cultura. Il Messico è sempre stato centrale nella mia vita, e poi per arrivarci bastava salire in macchina e guidare per un po’.”
I diritti dei trans vengono attaccati ovunque negli Stati Uniti, e in particolare nel suo Stato natale, il Texas. Considera Emilia Pérez un film politico? E quanto è stato importante per lei partecipare al racconto di questa particolare storia, in questo particolare momento della politica americana?
“Quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta, volevo assicurarmi che il ruolo di Emilia fosse interpretato da qualcuno che avesse vissuto quella vita. Per me era importante che l’opportunità fosse data a una donna trans, perché la visibilità è importante.”
Il suo personaggio in Emilia Pérez è una donna molto forte, che lotta per la sua libertà di amare chi vuole. In un certo senso è anche in fase di transizione. È qualcosa in cui si rivede, in qualche modo?
“Sì. Ora che ho trent’anni sto facendo anche io molte scoperte riguardo a me stessa. A volte può essere complicato e strano, ma lo trovo appagante e tutto migliora con il tempo. Oggi mi sento più saggia e molto più consapevole di me stessa.”
Quale scena le creava più ansia prima dell’inizio delle riprese?
“Ero molto nervosa per la performance di danza, perché non avevo mai ballato in quel modo prima. È stata un’esperienza intensa e sapevo che sarebbe stato difficile per il mio fisico, ma alla fine mi sono divertita tantissimo, sia durante le prove che durante le riprese.”
Ci può parlare delle riprese del film a Parigi? Come ha influito sulla sua recitazione il fatto di aver girato la maggior parte del film su un soundstage?
“All’inizio ero nervosa, ma hanno reso tutto così realistico che quando siamo saliti sul palco siamo stati trasportati in un altro mondo. Anche se sarebbe stato bello girare in Messico, credo che abbiano fatto un lavoro incredibile nel creare l’atmosfera del Messico, in modo che non fosse una distrazione immedesimarsi nel mio personaggio.”
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