Fondazione Prada Venezia mostra Stop Painting – Una mostra concepita dall’artista Peter Fischli, si svolge fino al 21 novembre 2021 nel palazzo storico di Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada. Definito da Peter Fischli come “un caleidoscopio di gesti ripudiati”, il progetto esplora una serie di momenti di rottura nella storia della pittura degli ultimi 150 anni, in relazione alla comparsa di nuovi fattori sociali e valori culturali.

La mostra si proietta anche nelle dimensioni del presente e del futuro per capire se un ulteriore sviluppo di questo processo è oggi in corso e se l’attuale rivoluzione digitale può essere all’origine di una nuova crisi della pittura o, al contrario, può contribuire al suo rinnovamento. “Lo spettro che riappare continuamente per narrare la storia della fine della pittura è un problema fantasma? E in caso affermativo, i fantasmi possono essere reali?”.

Questi sono stati i dubbi che hanno guidato Fischli nel processo di concezione della sua mostra. Nel tentativo di rispondere a queste e altre domande aperte, ha identificato cinque rotture radicali causate da cambiamenti tecnologici e sociali che corrispondono a mutamenti di
paradigma nell’arte attraverso il rifiuto e la reinvenzione della pittura.

La prima rottura è provocata dalla diffusione della fotografia. Come sottolinea Rosalind Krauss, “la fotografia mette in discussione l’intero concetto di unicità dell’oggetto d’arte, l’originalità dell’autore… e l’individualità della cosiddetta espressione personale”. Questo era stato il motivo che aveva spinto il pittore Paul Delaroche a pronunciare per la prima volta intorno al 1840 la famosa e scioccante sentenza: “da oggi la pittura è morta”.

La pittura è quindi costretta a rinunciare alla sua funzione mimetica per sopravvivere. La seconda crisi è rappresentata dall’invenzione del readymade e del collage che costringe la pittura a “uscire da se stessa e muoversi nello spazio attraverso gli oggetti”, come nota David Joselit. La terza è provocata dalla messa in discussione dell’idea di autorialità, o come la definisce Roland Barthes nel 1968, “la morte dell’autore”.

In ogni caso le questioni dell’autenticità e dell’originalità sono già affrontate dagli artisti in precedenza. La quarta crisi può essere identificata con la critica della pittura come bene di consumo alla fine degli anni Sessanta, a causa della sua mobilità, del suo valore simbolico e della sua facile conservazione. La quinta rottura si concentra sulla crisi della critica nella cosiddetta società tardocapitalista, come teorizzato negli studi fondamentali di Luc Boltanski e Eve Chiapello. “Dagli anni Ottanta l’idea di avanguardia divenne obsoleta e si dissolse; di conseguenza, ancora una volta, fu proclamata la fine di una posizione critica nella pittura”, come nota Fischli.

L’artista ha concepito questa mostra come una pluralità di narrazioni raccontate da lui stesso in prima persona, con un tono soggettivo. Il percorso espositivo inizia al piano terra di Ca’ Corner della Regina con una nuova opera site-specific di Fischli, un modello in scala ridotta
dell’intero progetto, definito dall’artista come “una scultura di una mostra di pittura”.

L’opera è accompagnata da testi scritti dallo stesso Fischli per illustrare ciascuna delle 10 sezioni del progetto che riunisce oltre 110 opere realizzate da più di 80 artisti. Il percorso espositivo si sviluppa al primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina seguendo un approccio personale e idiosincratico ed evitando di presentare i lavori secondo un semplice ordine cronologico.

L’allestimento consiste in un sistema di pareti temporanee che attraversano e sezionano gli spazi espositivi, passando attraverso le soglie che collegano le diverse stanze. L’aspetto uniforme e modernista di queste strutture è in netto contrasto con le pareti affrescate e decorate della sala centrale del primo piano nobile, facendo eco così alle diverse posizioni artistiche espresse contro il linguaggio pittorico.

La mostra “Stop Painting” è accompagnata da un volume illustrato pubblicato da Fondazione Prada. Include saggi di Diedrich Diederichsen, Eva Fabbris, Arthur Fink, Peter Fischli, Mark Godfrey, Boris Groys, John Kelsey, Sarah Lehrer-Graiwer e Hanna Magauer, oltre a un’intervista di Mario Mainetti al curatore della mostra.

Fondazione Prada Venezia mostra Stop Painting: le sezioni

La sezione intitolata “Delirium of Negation” è ospitata nella sala centrale del primo piano nobile di Ca’ Corner della Regina. Secondo l’artista e critico John Kelsey, “la fine della pittura non può che essere una ripetizione”. L’insieme delle opere esposte in questa sezione realizzate da artisti come Daniel Buren, Carol Rama, Jean-Frédéric Schnyder e Kurt Schwitters ruota attorno a questo assunto. Questi lavori affrontano i fondamentali momenti di crisi della storia della pittura indotti dal readymade, dalla fotografia e dalla mercificazione della pittura stessa.

La sezione “Mensch Maschine” indaga il superamento della figura dell’artista in quanto produttore della propria opera e mette in discussione l’idea di soggettività come forza ispiratrice dell’attività creativa. I lavori di Andrea Fraser, Pinot Galizio, Alain Jacquet, Piero Manzoni e Niki de Saint Phalle, che incorporano nuovi dispositivi tecnologici e invenzioni, illustrano il possibile e scioccante annullamento della distinzione tra opera d’arte e oggetto di uso quotidiano.

Riuniti sotto il titolo “Niente da vedere niente da nascondere”, i lavori di Carla Accardi, Walter De Maria, David Hammons, Klara Líden, Martin Kippenberger e Albert Oehlen celano, coprono o distruggono l’immagine rendendo impossibile per lo spettatore la trasformazione della sua superficie in un feticcio.

La sezione “Word Versus Image” esplora le modalità con cui frammenti testuali sono inclusi nel quadro e indaga la relazione tra immagini e testi come uno degli aspetti chiave della pittura del XX secolo, rappresentata dalle opere di John Baldessari, Gene Beery, Karen Kilimnik, Pino Pascali e Jim Shaw, tra gli altri.

Come afferma lo studioso Boris Groys, “la pittura stessa ha perso il suo ambito specifico ed è diventata un oggetto, un readymade, priva di contesto e senza mondo”. Nelle opere incluse nella sezione “When Paintings Become Things” la pittura diventa autonoma dalla superficie del quadro, “dopo molti secoli di concezione dell’atto di dipingere come rappresentazione del mondo esterno”. Le opere di Dadamaino, Jana Euler, Olivier Mosset, e Rosemarie Trockel sono rappresentazioni tautologiche di elementi reali o consistono in oggetti ordinari e semplici.

Nella sezione “Spelling Backwards” le opere di Gerhard Richter e Josh Smith, tra gli altri, “puntano a dimostrare che qualcosa come una ‘essenza della pittura’ non esiste. Nel fare ciò sottolineano la convenzionalità del mezzo, mentre il gesto come segno autografo viene decostruito”, secondo le parole di Peter Fischli.

La sezione “Die Hard, Stirb Langsam, Duri a morire” riunisce opere che esprimono una nostalgia empatica per il mezzo pittorico e l’impossibilità anche per artisti d’avanguardia come Marcel Broodthaers, Asger Jorn e Kurt Schwitters di sfuggire alla segreta forza di
attrazione della pittura figurativa.

La messa in discussione dei canoni stabiliti e il rifiuto della pittura e dell’industria culturale in generale sono alla base dei quadri della serie “NO” di Boris Lurie, dell’arte autodistruttiva di Gustave Metzger, dei segni violenti contro i musei d’arte di Henry Flynt e dei tagli sulla tela che Lucio Fontana considerava possibili aperture verso l’altrove. Questi artisti fanno parte della sezione “Let’s Go and Say No” che dimostra uno stretto legame tra la critica all’arte e alla sua deriva commerciale e i movimenti di protesta politica e sociale.

La sezione “Next to Nothing” si focalizza sul monocromo, la tela bianca e l’idea di traccia sulla superficie. I segni isolati e anonimi di Martin Barré, gli ultimi dipinti astratti di Francis Picabia “decorati” con semplici punti, i “quadri” realizzati in tessuto da Blinky Palermo e i “pours” di Lynda Benglis sono tutti sintomi di questa tendenza all’essenzialità che azzera o ridicolizza l’atto di dipingere.

La sala intitolata “Readymades Belong to Everyone” presenta appropriazioni sia della cultura commerciale che della storia dell’arte, considerandole come elementi appartenenti allo stesso universo. Marcel Duchamp, Sturtevant, Ben Vautier e Andy Warhol, tra gli altri,
sfidano con le loro opere l’idea di autorialità e decostruiscono con le loro pratiche la nozione stessa di pittura.

Una selezione di opere di Theaster Gates, Wade Guyton, Bruce Nauman, Lawrence Weiner e altri artisti, allestite al piano terra, nel cortile e sulle scale di Ca’ Corner della Regina, arricchisce le trame convergenti che costituiscono la mostra “Stop Painting”.

Credit image by Press Office – Photo by Marco Cappelletti – Courtesy by Fondazione Prada