Foto di famiglia: l’incredibile storia di Masashi Asada, intervista al regista Ryôta Nakano
E’ uscito nelle sale italiane Foto di famiglia, il film diretto da Ryôta Nakano, un’incredibile storia vera che ha commosso tutto il mondo, e che racconta l’emozionante storia del fotografo Masashi Asada che, grazie al potere della fotografia, ha riportato il sorriso sui volti di molte persone.
Foto di famiglia: il trailer ufficiale
La trama
Tutto ha inizio in casa Asada, una famiglia unita dove tutti hanno un sogno nel cassetto: il padre avrebbe voluto fare il pompiere, il fratello maggiore il pilota di Formula 1 e la madre si è sempre immaginata come la moglie di un gangster della Yakuza. Masashi, dotato di una spiccata passione per la fotografia, ha un’intuizione folgorante: ritrarre la propria famiglia ricreando tutte le vite che avrebbero voluto vivere.
Grazie a questi scatti, Masashi diventa un fotografo affermato e stimato, la cui peculiarità è ritrarre con originalità non solo la sua, ma numerose altre famiglie del paese, regalando loro ricordi indelebili.
Foto di famiglia prende spunto da due libri di fotografie i cui rispettivi temi potrebbero essere così riassunti: la natura dei legami che tessono una famiglia e l’ineguagliabile potere della fotografia.
Il primo album in questione riunisce le foto di una famiglia. E non una qualsiasi: quella del fotografo stesso. In queste fotografie, che trasmettono la gioia di stare insieme, lui, suo fratello e i loro genitori si sono travestiti da pompieri, da membri di un gruppo rock, da supereroi, da membri di un clan Yakuza… mettendo in scena tutte le vite che avrebbero potuto o voluto vivere.
Nel secondo album che ha ispirato il film, Masashi Asada racconta la sua esperienza con un gruppo di volontari dopo lo tsunami che ha colpito il Giappone orientale nel marzo 2011. Di fronte a un tale disastro, come potrebbe un fotografo aiutare le persone? Questa è la domanda che si è posto Masashi Asada, fino a quando non ha incontrato un giovane volontario che stava svolgendo un lavoro a dir poco inaspettato.
La sua missione: “salvare” le foto e gli album di famiglia perduti nel crollo delle case, recuperandoli, ripulendoli e restituendoli ai proprietari. Così il fotografo, diventato anche volontario, smise di scattare foto, e cominciò a osservare quelle degli altri: foto di famiglia scattate da persone anonime, foto di classe, foto delle vacanze… L’unica traccia lasciata dai dispersi, il cui valore era diventato inestimabile, molto più preziose di tutti i beni che si possono possedere. Grazie al lavoro dei volontari, in pochi mesi sono state restituite ai proprietari più di 60.000 foto.
L’intervista a Ryôta Nakano
Cosa ti ha attirato verso le foto di Masashi Asada?
“Inizialmente è stato il mio produttore, Shinji Ogawa, a farmi conoscere l’album fotografico di Masashi Asada! Fin dalle prime pagine sono scoppiato a ridere e allo stesso tempo mi ha scaldato il cuore. Per realizzare queste foto uniche, ci voleva la totale fiducia e collaborazione della famiglia del fotografo, e ho capito che questo progetto nascondeva sicuramente una bellissima storia familiare. Nei miei film ho sempre raccontato storie famigliari, e devo ammettere che queste foto hanno avuto su di me un effetto irresistibile fin dalla prima visione. Inoltre, durante le mie ricerche preparatorie, mi sono interessato alla vera famiglia Asada e mi sono affezionato sempre di più a loro.”
Qual è il tuo rapporto con la fotografia?
“A livello personale, pratico la fotografia un po’ per hobby, e vengo da una generazione in cui, da bambino e adolescente, sviluppavamo tutte le foto che facevamo. Quindi sono più sensibile al calore di una foto sviluppata rispetto alla generazione attuale. Quello che ho sentito guardando agli scatti di Masashi Asada è che rende onore ed esalta le qualità di ciascuno dei suoi soggetti, e che si diverte con loro per riuscire al meglio nel suo intento. Non lavoriamo esattamente nello stesso modo, ma ciò che ci accomuna è il processo con cui do la priorità alle qualità di un attore prima di portarle sul set. Il nostro desiderio di rendere felice sia i nostri collaboratori che il pubblico, attraverso i nostri lavori, è esattamente lo stesso.”
La famiglia è al centro della storia anche nei tuoi film precedenti come A Long Goodbye e Her Love Boils Bathwater. Perché questo tema ti è molto caro?
“Ho perso mio padre quando avevo 6 anni e mia madre ha cresciuto da sola me e mio fratello maggiore. Ho anche due cugini che hanno perso i genitori e con cui sono praticamente cresciuto, quindi penso di essermi sempre chiesto: “Cos’è una famiglia?” Ancora oggi non ho la risposta a questa domanda. Mi sento come se non la troverò mai. Credo che non ci sia niente di così complesso e affascinante come la famiglia.”
Quando vediamo gli attori interagire tra loro, abbiamo la sensazione di osservare una vera famiglia. Come sei riuscito a dare tanta autenticità al loro rapporto?
“Dato che avrebbero dovuto interpretare personaggi reali, ho chiesto agli attori di incontrare la vera famiglia Asada, che vive nella prefettura di Mie. Volevo che vedessero la casa in cui vivono, scoprissero la città e potessero interagire con coloro che avrebbero incarnato, e penso che anche per loro sia stato un momento molto prezioso. Sul set abbiamo iniziato girando le sequenze dei servizi fotografici per l’album Asadake!. Volevo che attraverso questi scatti con questa famiglia originale, diventassero a loro volta una famiglia a sé stante. Inoltre, anche se non è stato sempre facile, abbiamo dato vita a un lavoro collettivo sempre pieno di gioia e risate, e alla fine di questi servizi fotografici credo che gli attori fossero diventati davvero una famiglia.”
All’inizio del film, la storia e il personaggio di Masashi sono introdotti dalla voce fuori campo di suo fratello, ma il film termina con la voce fuori campo di Masashi. Cosa significa questo cambiamento?
“La storia è strutturata in modo tale da assistere all’evoluzione del personaggio di Masashi che, all’inizio del film, non trova un senso alla sua vita e si affida costantemente alla sua famiglia (e in particolare al fratello maggiore) sia per uscire dai guai sia per realizzare il sogno di diventare un fotografo. Per esprimere questo cambiamento in Masashi, ho voluto iniziare descrivendolo e raccontandolo attraverso la voce obiettiva di suo fratello fino a farlo raccontare a se stesso, con le sue stesse parole, alla fine del film.”
Il film inizia leggero, quasi come una commedia. Poi il terremoto del 2011 porta una dimensione più drammatica al film. Come hai alternato questi toni?
“Dopo aver vissuto, da Tokyo, il grande terremoto del Tôhoku nel 2011, mi sono detto che come regista un giorno avrei dovuto trattarlo attraverso un film. Ma non sapevo come, visto lo stile del mio lavoro. Mi sentivo come se non fossi la persona giusta per trasformare il vero dramma in finzione, ed ero bloccato. È stato allora che ho scoperto l’album fotografico Asadake! Sapevo di non voler fare un film su questo grande terremoto, che sarebbe cupo e triste. Raccontando l’intera storia passando attraverso i temi che mi ero prefissato, vale a dire “l’evoluzione del fotografo Masashi Asada” e la nozione di “famiglia”, sapevo che avrei potuto passare dall’umorismo al dramma senza che ciò causasse alcun problema. La prima parte intorno alla famiglia è divertente e calorosa, e sono convinto che è grazie a questo che nella seconda parte la perdita della famiglia diventa tanto più significativa.”
La storia di Riko, che ha perso il padre nello tsunami, occupa un posto importante nel film. Tuttavia, è uno dei pochi personaggi che non è ispirato da una persona reale. Perché era necessario questo personaggio?
“In effetti, Riko non si ispira a un personaggio reale. È un personaggio nato da tutte le interviste che ho fatto alle vittime del disastro. Incarna il desiderio di tutti coloro che hanno perso la propria famiglia e che cercano di ritrovarla attraverso le foto. Di quelli che mi dicevano che “anche se la loro casa fosse stata spazzata via, finché erano vivi, potevano sempre rialzarsi”. Poi mi sono reso conto che nella maggior parte delle foto di famiglia il padre o la madre sono assenti perché nascosti dietro l’obiettivo. È qui che mi è venuto in mente il personaggio di Riko.”
Il film è nelle sale italiane distribuito da Officine Ubu.
credit image by Press Office – photo by Officine Ubu