Un evento unico quello organizzato da Herno per celebrare il 70 anniversario. Un contenitore, stilizzato e concettuale, imponente e scenografico, che vuole essere l’azienda, lo showroom, la boutique, la casa, il lago, la libreria, l’archivio, lo staff, la famiglia. Un contenitore come raccolta di “cose” Herno.

Di prodotto naturalmente, e poi di oggetti, di memorie registrate o scritte, di arredi, fotografie, amuleti, disegni e progetti, che ricalcano quei punti cardine che hanno fatto la storia del brand e che, rivisitati e modificati, aggiornati e integrati, resistono al tempo e continuano ad essere la base del successo ancora oggi.

Claudio Marenzi ha invitato gli ospiti ad esplorare passato, presente e futuro, a ribaltare la “scatola”, mischiarne i pezzi, le persone, le immagini, i successi, le aspettative, le salite, le risalite, e il mondo nascosto dietro il “gancio”, iconico elemento della rinascita di un brand che continua a fare la storia del Made in Italy. Dal 1948 ad oggi.

Il 2018 segna per Herno, infatti, due ricorrenze importanti. L.I.B.R.A.R.Y. è l’installazione che all’interno di Stazione Leopolda racconta i 70 anni della fondazione e i 50 di presenza in Giappone. Ormai abituati alla propensione del brand ad allestire progetti che, come i suoi capi d’altronde, ben miscelano funzionalità, tradizione e innovazione con la passione dichiarata per l’avanguardismo artistico e per il mecenatismo a favore di giovani designer, L.I.B.R.A.R.Y. è un percorso che si avvale di contenuti di archivio dell’opificio di fine ‘800 a Lesa, dove Herno ha sede, e ne riporta in pillole il sapore nella navata della Leopolda, rinfrescati dalla libera interpretazione di studenti del Polimoda e dell’Osaka Institute of Fashion, amplificati dalle visioni concettuali di Studio Azzurro, orchestrati dalla creatività e regia di Anomalia Studio, sotto l’egida del Comune di Firenze e Pitti Immagine e un soundtrack d’eccezione selezionato dal Maestro Gianandrea Noseda.

Perché Herno, tra le tante città in cui oggi è presente nel mondo, per questo anniversario ha voluto Firenze a cui deve, dalla prima partecipazione a Pitti nel 1971 con Giuseppe Marenzi, un poco della fortuna dei suoi capispalla. Un acronimo svela che la concettualità di L.I.B.R.A.R.Y con i suoi 100 metri per 8 di altezza in torri lahyer all black va ben oltre l’installazione fine a se stessa: Let Imagination Break Rules And Reveal Yourself.

La storia di Herno è fatta di passaggi da rivelare e che i più ignorano: è la quintessenza del fare italiano, del fiuto che scova l’opportunità nell’acqua del lago, del fiume e della pioggia in quell’Italia rappezzata ma vibrante del dopoguerra, in quel mondo raccontato da De Sica o Mario Soldati.

E’ la rivelazione di come un impermeabile ha attraversato i decenni. Rinnovato, studiato, destrutturato, potenziato, modificato in varianti tecnologiche, ecologiche, lussuose, urbane, impreziosito nei tessuti e avanzato nelle performance, e oggi agganciato in un altro elemento stilizzato e concettuale, la libreria Herno, che campeggia nelle boutique e showroom nel mondo.

Il tempo rompe gli schemi, l’immaginazione ci aiuta a ricostruirli, il DNA si rivela sempre lo stesso. Entrando in Leopolda, “Water Echoes” è l’installazione interattiva progettata da Studio Azzurro che sintetizza ed evoca l’elemento più confacente al brand, l’acqua. E’ un immersione artistica di immagini e suoni, nel luogo e nel tempo.

Una goccia d’acqua cade ritmicamente in un recipiente posto al centro di uno spazio di 10 metri per 10. Plich! Il suono è amplificato e riverberato in modo da generare l’impressione di uno spazio che potrebbe rivelarsi vasto e solitario. La goccia proviene dalla calotta rovesciata di un paracadute di seta, sospeso con le sue funi al soffitto. Un sottile fascio di luce illumina il punto dove cade la goccia e dove si allargano piccoli cerchi nell’acqua. Ogni ospite può bloccare la goccia con la propria mano ed attivare ogni volta una differente interazione di suggestioni negli otto schermi.

E’ con l’acqua che arriviamo al cuore di Herno. L.I.B.R.A.R.Y apre i suoi due piani di percorso con il prodotto cult, l’impermeabile. Detto anche “L’Imper” come si ascolta dagli inediti filmati anni ‘50 dell’Istituto Luce, con un giovane ed elegante Giuseppe Marenzi che lancia la sua prima collezione, partecipa al Rally della Moda di Saint Vincent (vincendolo), evolve insieme all’Italia del boom economico e fa centro. Tra le torri della struttura, arredi dell’azienda, foto d’epoca, l’auto vinta nel Rally della Moda, trova posto l’esposizione e l’evoluzione dell’impermeabile Herno.

Dalla fine degli anni ’50 la produzione si allarga al capotto, in cashmere, meglio ancora, in double più prezioso. Si aggiungono i dettagli couture e in pelliccia. La sartorialità di confezione raggiunge livelli di perfezione altissimi, testimoniata dall’Hub siciliano con un indotto di 800 persone il cui paesaggio di Sant’Agata di Militello è riprodotto e mixato con quello di Lesa nelle mappature degli archi della Leopolda a raccontare quanto il Made in Italy sia la base di un prodotto intramontabile.

Il cappotto in fodera foulard trova spazio nella sezione successiva dedicata al Giappone, dove i 50 anni sono riassunti dalle immagini di voli e scali a quell’epoca, era il 1968, lunghissimi, le sfilate negli hotel di lusso di Tokyo, la prima boutique, la famiglia Okuda la cui collaborazione prosegue tutt’oggi, il cappotto in cashmere bianco Herno della Principessa Masako.

E’ con un video inedito “My Water Point of View” che Claudio Marenzi racconta il passaggio del 2005, la sua conquista della poltrona più alta nell’azienda di famiglia, i primi prodotti in piuma ultraleggeri di soli 200gr, l’evoluzione del design con l’iconica A-Shape, un’artista Giapponese che sa come guardare “dall’acqua”, e il perché il lago resta ancora oggi il fulcro e il filo conduttore, l’ispirazione e la prospettiva.

Stessa prospettiva tra verde e acqua ad incorniciare il lato green del brand, quello più concreto però che riguarda la parte industriale, degli investimenti milionari in macchinari d’avanguardia che permettono davvero di essere etichettati “ecosostenibili”. E’ di Herno infatti l’unico progetto certificato in Europa di Made Green in Italy, PEF. Nello stesso spazio è visibile anche tutta la collezione Laminar Bike, eccellenza di tecnologia sportswear a servizio dell’animo “Urban”.

Lo stesso animo è esposto nella sezione Tecnologia, la performance più pura e visionaria di Herno, quella della ricerca, di un laboratorio interno a Lesa che crea prototipia e genialità. I nomi da scoprire sono Laminar, Igloo, Magma, ognuno con peculiarità prossime ad essere futuristiche.

E poiché anche i prossimi 70 anni sono ben chiari in Herno, parlano di investimenti costanti e ricerca, ma non sarebbe corretto raccontarli ora, L.I.B.R.A.R.Y, come da vocazione del brand al mecenatismo verso giovani creativi, chiude lasciando parola ed immagini ai liberi contenuti e creatività di studenti di Polimoda Firenze e dell’Osaka Institute of Fashion.

Permettendo loro di tracciare la visione del prossimo futuro, Herno porta in Leopolda un piccolo pezzo di quei laboratori che a Lesa da sempre fanno la sua ricchezza. Gli studenti, seguiti da sei sarte specializzate, potranno imparare ad usare i macchinari di ultima generazione, dando vita per tre giorni a “Laboratorio H”.

Claudio Marenzi ribadisce di voler continuare a lavorare con determinazione sul rinnovamento dei processi di produzione per confermare Herno pioniere nell’introduzione di tessuti sempre più performanti ma seguitando ad onorare le straordinarie risorse del tessile Made in Italy e a mantenere costante il dialogo tra tradizione e innovazione.

“… Giugno 2018, sono in procinto di celebrare 70 anni di storia di Herno e due generazioni Marenzi. Una storia di imprenditoria relativamente giovane, di successi per lo più. Certo anche di salite e discese. Di complicati intrecci familiari. Di timore e adrenalina quando ho deciso di fare tutto da solo, era il 2005. E’ da quando avevo circa 15 anni, che usavo passare una buona parte dell’estate in azienda. A scuola non ero un fenomeno, invece mi piaceva stare qui, in mezzo alla produzione, tra il taglio e lo stiro, giocando a riconoscere i colori dai diversi odori dei vapori. Mio padre nel 1948 ha praticamente trasformato in opportunità il clima piovoso del lago e l’umidità dell’acqua del fiume, iniziando a produrre impermeabili. La produzione si strutturò subito con successo tanto che negli anni ‘80 e nei ‘90 fu quasi più semplice decidere di lavorare per terzi, per le maison francesi. E’ incredibile quanto tempo sia passato. E quanto non sia stato semplice migliorare tutto questo, tornare alle origini, a quel fiume ispiratore a cui mio padre aggiunse una H per renderlo internazionale. Dal 2005 la mia strategia poggia sulla consapevolezza di poter sviluppare il nostro brand in maniera evoluta, funzionale, sartoriale, poiché gestiamo direttamente ogni processo. Perché lo facciamo da 70 anni. Tornare ad Herno è stato un passaggio naturale, dovuto, designato” conclude Claudio Marenzi.