Jack Savoretti Europiana: l’amore per la musica europea nel nuovo disco
Jack Savoretti Europiana – Jack Savoretti, cantante, è inglese ma di origini italiane, precisamente liguri, da parte paterna. Un legame con l’Italia e l’Europa che emerge in tutta la sua forza evocativa nel suo nuovo disco “Europiana”, a due anni da “Singing to strangers” – debuttato al primo posto nella classifica UK – e dopo il brano solidale “Andrà tutto bene”, il suo primo singolo in italiano scritto insieme ai fan.
Jack Savoretti Europiana: Secret Life, il video ufficiale
“Europiana”, arrangiato dal violinista e grande amico Phil Granell, e prodotto dal celebre Cam Blackwood che aveva già lavorato alla realizzazione dell’album precedente, è un disco nato durante il lockdown. Un disco frutto di un lungo periodo di isolamento insieme alla sua famiglia – la moglie e i tre figli, di cui l’ultimo di appena tre mesi, – dove l’artista ha intrapreso la sua nuova direzione artistica, dando così vita ad un album che si ispira a tutta la musica a lui cara, e omaggia quella degli ultimi cinquanta anni. Ne consegue un felice incontro: quello tra la musica europea e quella americana, che dà origine ad un sound raffinato, nostalgico ma mai stantio, interpretato in chiave moderna e assolutamente personale.
Un disco che intende infondere gioia e speranza, frutto di una gestazione sofferta in un momento difficile tra un lockdown e l’altro, nato con l’intento di fare stare bene chi lo ascolta e di rappresentare la colonna sonora di una nuova estate con l’augurio sia il più spensierata possibile. E a cui la sua famiglia, così celebrata nel suo valore nei testi e così importante per lui, ha partecipato, attivamente e per concept, a compenso di un’estate al mare – a cui è legatissimo dopo averci trascorso fin da piccolo le vacanze estive – mancata. Ha infatti scelto di affidare i cori di ben tre brani alla moglie e ai figli su un totale di undici tracce, registrate in un luogo di culto: nei mitici studi di Abbey Road di Londra che hanno visto la luce di molti dischi degli artisti internazionali più amati di tutti i tempi, proprio a novant’anni dalla loro creazione.
Racconta in proposito alla nascita del disco: “Questo album è particolare per me. Non lo avrei mai fatto se non ci fosse stato il periodo che abbiamo trascorso. Mi sono trovato in casa come tutti, senza quella possibilità di viaggiare, e senza poter dare ai miei figli l’esperienza della vacanza al mare, dell’estate, e tutto quello che significa specialmente per un italiano ma in generale per ogni europeo l’estate. Cose come il viaggio d’estate, l’esperienza del tuo primo amore, del tuo primo bacio, la prima volta in cui vai in motorino da solo: la prima vacanza, il primo vero gusto di libertà. Volevo fare un album che desse una colonna sonora a tutte le mie memorie e alla nostalgia che ho proprio di quelle esperienze, non potendole vivere quest’anno, e vedendo i miei figli e anche tanti figli di miei amici non poterle vivere. Quindi “Europiana” è frutto di un’idea che nata dal guardare indietro, partendo dalla mia infanzia fino ad adesso, alla musica europea che è sta la mia colonna sonora specialmente d’estate in tutte queste esperienze di cui parlo da quando sono ragazzo”.
Aggiunge inoltre: “La prima canzone dell’album si chiama “I remember us”, che è proprio l’epifania, il momento di realizzazione di quando ci siamo trovati in questa nuova realtà. Una realtà dove eravamo solo noi, la nostra vita al di fuori era finita, era spenta, tutto era in pausa. Così mi sono trovato a tornare ad essere un me stesso che avevo dimenticato. Ho visto questo anche in mia moglie, e ho visto i miei figli vedere solo papà. Non i papà che vanno a lavorare e che ci portano da qualche parte. Eravamo diventati solo noi, non c’era niente di più. Non c’erano più maschere, né divise che ci mettevamo per andare fuori, eravamo solo quelli che veramente eravamo, nella propria casa. Quindi nella prima canzone parlo del ricordo di quando ci siamo incontrati io e mia moglie. Eravamo quasi tornati quei ragazzini di quindici anni fa, dove avevamo perso tutti i vestiti e le maschere che ci poniamo nella vita quotidiana di adesso. Quindi è partito da questo, poi la mia famiglia è stata importantissima per farmi capire quanto la musica possa farti sentire, perché all’inizio del primo lockdown ho visto velocemente i miei figli cominciare a sentire l’ansia e la paura che sentivamo io e mia moglie, e che girava nell’aria.
Ho visto molto presto che iniziava a dare fastidio anche ai miei figli, che anche loro iniziavano ad avere certe ansie e certe paure. Allora ho cercato subito di trasformare lo script, se vogliamo dire di questa favola, di questo film di fantascienza che stavamo vivendo, di lockdown, di pandemia, e l’ho trasformato in un gioco. Ho cercato di trasformarlo in un gioco per i miei figli. Quindi ho cercato di spostare tutta la loro attenzione su un evento ogni settimana: il venerdì sera a casa nostra era una festa. E loro tutta la settimana pensavano a questa festa, a come si sarebbero vestiti, cosa avrebbero mangiato, che musica avrebbero ascoltato. E facendo questo viaggio per cercare di distrarli da quello che stava succedendo nel mondo, ho riscoperto tantissima musica per farli sentire felici, per divertirsi.
Ho suonato Julio Iglesias, Lucio Battisti, ho messo Patty Pravo, i Gipsy Kings, gli Chic. Ho messo Giorgio Moroder, i Daft Punk, perché cercavo di fare la colonna sonora di un’estate che loro non potevano vivere. E facendo questo, vedendo la loro reazione, ho pensato, perché non faccio un album del genere, perché non posso dare questo anche io con la musica. Di solito faccio un album perché voglio che la gente senta qualcosa quando lo ascolta: questo è stato il primo album che ho fatto desiderando che la gente si sentisse bene. Non che sentisse solo qualcosa, ma che si sentisse bene da dentro, per “Feel good” e donare positività. Il Mediterraneo entra in tutto questo perché tutti i miei ricordi più favolosi, personali e di famiglia, li collego al mare. All’estate al mare da ragazzino, e anche adesso, succede ai miei figli. Vedo anche loro, se parlano di qualcosa, durante l’anno, se hanno un traguardo, qualche cosa a cui non vedono l’ora di arrivare, è più l’estate del Natale. La vacanza d’estate, pensano a dove andremo, dove saremo, se andremo in spiaggia, se andremo al mare o in barca, perché staremo fuori fino a più tardi, e si sentono un po’ più grandi. Lo vedi proprio che anche loro stanno vivendo quello che abbiamo vissuto noi da ragazzini. Così, il Mediterraneo è importante per me perché lì risiede un po’ la chiave della mia nostalgia e della mia felicità”.
Un album il suo, che intende perpetuare la musica degli ultimi cinquanta anni, ma non imitarla, rendendola rilevante anche oggi. Spiega: “Facendo questo viaggio mentale durante il lockdown ho scoperto quanto è favolosa la musica europea degli ultimi cinquanta anni e quanto poco rispetto a volte le viene dato, specialmente qui in Inghilterra e negli Stati Uniti. Quindi volevo un po’ mettere in luce il fatto che secondo me la musica europea è sottovalutata. Non è sempre spiegata nel migliore dei modi, adesso l’Eurovision Song Contest è sulla bocca di tutti, credo sia una cosa favolosa ma non credo rappresenti quello che sta succedendo in Europa musicalmente, quanto più quello che sta succedendo in televisione. Con questo album volevo fare sentire quello che è stata la musica europea negli ultimi cinquanta anni è quello che è ancora adesso”.
Anche se, per lui, è difficile scegliere un periodo musicale in particolare che lo appassiona: “Dipende da quale stato mentale sono. È per quello che non volevo fosse un album totalmente disco, o totalmente di cantautorato. Volevo che fosse un mix. La musica europea non ha una faccia, e forse è quello l’errore che a volte facciamo, pensare che la musica europea non abbia una faccia. È così influenzata dalla musica americana che cambia continuamente, come sta succedendo ancora oggi. Adesso la musica europea è totalmente influenzata dalla musica americana. Basta vedere i Maneskin, se vogliamo usare un esempio: sono totalmente influenzati dalla musica americana. O se vogliamo vedere il movimento hip hop che sta uscendo da Napoli, è anch’esso totalmente influenzato dalla musica americana. Quindi è una cosa che è in continuo mutamento, e di conseguenza non so scegliere un periodo specifico. Dipende da giorno a giorno, dallo stato mentale in cui mi trovo, e anche dalla nuova musica che arriva. Adesso c’è una ragazza italo francese che si chiama Clara Luciani, che io chiamerei la regina di Europiana. Se qualcuno mi chiedesse chi è un’ artista Europiana oggi, a parte me stesso e questo album, consiglierei di ascoltare lei e la sua musica”.
Una visione quindi a tutto tondo sulla scena musicale mondiale attuale e passata per Jack, che canta e suona pianoforte e chitarra. Anche se ama il basso e il suo sogno segreto è sempre stato essere un batterista. Racconta: “Il basso secondo me è anima e cuore della canzone, della musica. È sottovalutato, come l’anima e il cuore. Il suono particolare del basso, ogni decennio cambia. È incredibile come si possa capire in quale decennio è stato fatto un album ascoltando il basso più di tutto il resto. Come nelle produzioni di Quincy Jones: è un esempio perfetto. Se si pensa a cosa è stato fatto da Frank Sinatra a Michael Jackson, alle bassline di Billie Jean, lo si sente. L’evoluzione della musica si sente tantissimo nel suono del basso. Io personalmente ho sempre sognato di essere un batterista. Il primo strumento che ho preso in mano sono state le bacchette per suonare la batteria a scuola, quindi quello è ancora un po’ la mia passione segreta. Nella mia musica che creo, do molta importanza al suono del basso”.
Jack Savoretti, il video ufficiale Who’s Hurting Who
Per gli ospiti del disco, ha scelto musicisti di massima caratura come Nile Rodgers, co-fondatore degli Chic – presente in “Who’s Hurting Who”, singolo che ha anticipato l’album, un brano dal groove trascinante in cui funk, pop e dance anni Settanta si fondono insieme. Ma anche John Oates degli Hall & Oates, presente in “When You’re Lonely” con la sua chitarra.
“Ho desiderato fortemente avere come ospiti artisti che dall’America hanno cambiato volto alla musica europea. Fino dagli anni ‘60 era molto relegata nella propria abitudine di cantautorato. Il modo di cantare molto melodico, e negli anni ‘70 grazie a musicisti come Nile Rodgers e John Oates è arrivato il groove, il ritmo, e la possibilità di cambiare. E quando questi due mondi, la musica americana e la musica europea tradizionale si sono incontrati, è successo quello che io chiamo Europiana, che ho cercato di trasporre nell’album”.
“I motivi per cui c’è Nile Rodgers sono tanti: inizialmente viene da una cosa che ho detto centinaia di volte nella mia carriera quando ero in studio a scrivere con Mark Ralph: “Passami la chitarra che metto un po’ di chitarra in stile Nile Rodgers”. È una cosa che ho sempre cercato di fare nella mia carriera, fallendo. Tante canzoni si possono ascoltare nel mio passato dove sto cercando di fare la chitarra come lui, però questa volta Mark mi ha detto: “Perché invece di farla tu non chiediamo a Nile? E io ho detto, entusiasta: “Va bene, se questa è una possibilità, assolutamente!”, perchè Mark ha lavorato con Nile nel passato. La cosa importante per me non era solo mandare una canzone a Nile, volevo spiegargli che cosa stavo cercando di fare con questo album. Quindi quando gli ho mandato questo pezzo, gli ho anche scritto spiegando cosa era per me Europiana e perché volevo che ci fosse anche lui, perché Europiana deve molto a Nile Rodgers. La musica europea deve moltissimo agli Chic. Nile ha trascorso moltissimo tempo in Italia, suonando a Roma, a Viareggio, alla Bussola, al Covo di Nord Est di Santa Margherita Ligure, ha girato tantissimo, ha suonato con Patty Pravo, e tanti artisti in Italia. Ad Ibiza negli anni Settanta, la musica disco, funk, soul, era underground in America. Fino all’inizio di questi anni era musica per i club afroamericani e i club gay. Poi grazie allo Studio 54, alle varie etichette e all’esplosione della radio, la disco è volata, in gran parte grazie agli Chic e Nile Rodgers. Volando attraversato l’oceano è atterrata in Europa, e quando è arrivata in Europa i cantautori come Julio Iglesias, Patty Pravo, Lucio Battisti, Serge Gainsbourg vi hanno preso molta ispirazione. Non avremmo mai avuto gli Abba in Europa se non fosse stato per gli Chic e Nile Rodgers. Non avremmo mai forse avuto Giorgio Moroder, o Giorgio Moroder – uno dei musicisti più innovativi e influenti nell’ambito della musica elettronica e della disco music, che ha collaborato, tra gli altri, con artisti del calibro di Barbra Streisand, Chaka Khan, Donna Summer, Janet Jackson, David Bowie, Freddie Mercury, Daft Punk, e ha vinto tre Premi Oscar per migliore colonna sonora e canzone – non avrebbe mai avuto il successo che ha avuto se non fosse stato per Nile Rodgers e gli Chic. E non avremmo mai avuto i Daft Punk se non ci fosse stata la musica di Nile Rodgers. Quindi questa è tutta musica che io considero Europiana perché c’è dell’americana dentro, ma è anche totalmente europea perché è la musica disco che si confronta con la musica melodica, con il cantautorato di nostalgia e di melodia.
Questo mondo tipicamente europeo e tipicamente americano quando si incontrano creano questo suono secondo me. Quindi quando ho spiegato questa storia a Nile lui l’ha capita subito. E mi ha raccontato un aneddoto fantastico, dicendomi: “Mi piace tantissimo questa idea di Europiana, perché la prima volta che sentito la mia musica, non nei club underground di New York, Philadelphia e dell’East Coast, ero allo Studio 54, e non mi facevano entrare, mentre dentro sentivo la mia musica. E quella è la prima volta che si mi sono accorto che qualcosa stava succedendo”. Ma il momento in cui si è veramente reso conto di poter cambiare il mondo e che stava facendo qualcosa più grande di quanto avesse mai immaginato, è stato quando è venuto in Europa ed era nel sud della Francia. A Saint Tropez ha sentito la sua musica mentre era in questo club sul mare, sul Mediterraneo. E mi ha detto in inglese “il sound different”, aveva un suono diverso. Sentire la sua musica con il Mediterraneo, questa gente bellissima che ballava, ha reso diversa la sua musica. E questo è esattamente quello che io chiamo Europiana. La devi visualizzare. Quando l’ascolti, ti farà visualizzare, secondo me, non un club underground di New York, ma il Mediterraneo. Ti verrà in mente la discoteca all’aperto, stare sulla Vespa da ragazzino, avere il sale sulla pelle mentre bevi l’aperitivo al tramonto: tutte queste situazioni che secondo me sono tipicamente europee”.
Una lavorazione difficoltosa, quella del disco, che ha segnato un’ulteriore esperienza di vita per Jack. Racconta infatti: “Sapevo che era importante registrarlo su una piazza importante. Avevamo tantissime opportunità per farlo virtualmente, a casa, ma sapevo che se avessimo proceduto così non sarebbe uscito l’album che avevo in testa. Quindi abbiamo aspettato e per fortuna alla fine dell’anno scorso siamo riusciti a trovare dieci giorni ad Abbey Road dove ci siamo tutti chiusi dentro a chiave. E’ stato un po’ come liberare gli animali selvaggi perché siamo tornati a fare quello che adoriamo fare. La mia band non ha mai suonato così in vita sua, ed è stato molto emozionante perché non ci vedevamo da un anno, quindi l’energia su questo album è un’energia che non sono mai riuscito a catturare nei miei album precedenti. In seguito poi c’è stato un nuovo lockdown, e finire l’album è stata una vera avventura. Però ce l’abbiamo fatta quando sembrava che tutto diventasse impossibile, siamo stati di nuovo liberati e siamo riusciti a chiuderlo. Quindi è un album che reca con sé tanto sudore e sangue, però sono così fiero di averlo fatto in questo periodo perché celebra la libertà. E’ un album che dà un senso di occasione, voglio che ognuno quando lo ascolta abbia la stessa sensazione di come quando si stappa una bottiglia di champagne. Che qualcosa sta per succedere, qualcosa sta per accadere, “sense of occasion” in inglese. Spero che faccia da colonna sonora a quest’estate, sotto il segno della ritrovata libertà”.
Un album appassionato, dove Jack infonde totalmente se stesso. Spiega: “La musica mi terrorizza, perché è l’unico posto dove non riesco a mentire, anche se voglio. Anche se provo a mentire, quando scrivo, quando canto, appena la prima nota entra nell’atmosfera, per è impossibile mentire. Riesco a mentire davanti a tutti incluso me stesso, però davanti alla musica non mi è possibile. Ed è forse per questo che ho questo grande rispetto per la musica. Se ascolto una canzone, anche se non voglio che mi faccia sentire una cosa, non riesco, piango, rido, ballo, non è una decisione cosciente. Così mi succede, e la mia verità la trovo solo nella musica. Quotidianamente, giornalmente non mi dedico a cercarla. Non perché lo dia per scontato o non sia importante per me la verità, o essere fedele a chi sono davvero ma più che altro perché forse so che se veramente voglio sapere la mia verità basta che io vada a suonare, e la vedo. E’ come uno che vuole sapere come sta oggi, e si guarda nello specchio. Io ho la stessa capacità con la musica. Se voglio sapere come sto veramente, non fisicamente, come sto dentro, vado ad un piano, prendo la chitarra, o schiaccio play. E lì per me l’equivalente di guardarsi allo specchio e nella mia anima”.
Un guardarsi dentro su cui riflette anche nella canzone “Secret life” dove si è ispirato ad un filosofo francese che dice che tutti abbiamo tre vite: una personale, una professionale, e una segreta. Spiega: “E’ mettere quelle tre vite insieme a renderti la persona vera che sei. Se una di quelle vite non ti appartiene veramente, allora avrai difficoltà ad accettare chi sei davvero come persona. Per farlo bisogna sapere che abbiamo questi lati, che a volte non vogliamo avere. Io non vorrei avere solo la mia vita professionale o la vita privata con i suoi pesi, e la vita segreta figurati cosa ti può creare. Ma è proprio il saper vivere con quelle combinazioni del nostro carattere, della propria personalità e della propria vita, che ti fa sentire a tuo agio con te stesso. Quindi la canzone in sé è un po’ birichina, ad esempio c’è una frase che dice “Io non dico niente se tu non dici niente” e siamo io e mia moglie a dircelo. Sulla registrazione è mia moglie a dirlo, che lascia tantissime persone perplesse inclusa la mia band, a come io abbia fatto ad avere mia moglie che sta dicendo una cosa che di solito non è tua moglie a dirla, però era proprio quello che volevo far vedere. Che a volte la vita segreta la si fa anche con chi si ama, che non si fa sempre da soli. Quindi è un pezzo aperto a tantissime interpretazioni, però strizza l’occhio. Non è una specie di Mea culpa, non è una canzone di confessione, assolutamente. Anzi è una canzone di una persona che sta realizzando che ha una vita segreta, e non la sta criticando. Non sta dicendo di non volerla più fare, ma anzi che si sta accorgendo, che è una parte di se stesso”.
Europiana è un album che racchiude un mix di immagini e suoni, che se fossero una fotografia, sarebbero una di Slim Aarons, il celebre fotografo del jet set americano degli anni ’70 che con le sue mega piscine turchesi, le sontuose ville in marmo bianco e i fiumi di champagne in riva al mare immortalati nei suoi scatti glamour, ha ritratto il mondo dorato delle celebs e della dolce vita tra Capri e la Costa Azzurra, il lago di Como e Acapulco, Newport e Palm Spring. Ritraendo, tra gli altri, Mick Jagger dei Rolling Stones, l’attore Kirk Douglas, ma anche giocatori di Polo, principi e duchi, raccontando la bellezza e il beau vivre.
Racconta in proposito: “Slim Aarons ha fotografato le feste più famose degli anni ’60 fino agli anni ’80, le piscine. Questo era quello che visualizzavo quasi sempre facendo questo album in studio. Questa è molta della visualizzazione che ho usato in studio ma anche parlando con la band. Tante volte mentre stavamo registrando usciva la frase Yacht Rock, anche perché c’è John Oates degli Hall & Oates nell’album. Loro erano i re dello Yacht Rock, e io dicevo loro, “Sì, è lo Yacht Rock, però nel Mediterraneo e non in America”. Non è a Miami, non è Miami Vice, è quintessenza europea, nel Mediterraneo. Queste sono le immagini che ho io, però la copertina del disco è mare e monti, perché non è solo sul Mediterraneo questo disco: è stato influenzato moltissimo anche dalla musica scandinava, e dalla musica parigina. In “The way you say goodbye” nella mia testa sono quasi in un cabaret a Parigi, in un bar sottoterra. Quando l’ho scritta ero lì con la mente, in un locale pieno di fumo, pieno di gente che balla lentamente. Quindi non è solo mare, non è un album di Mediterraneo, altrimenti lo avrei chiamato Mediterraneo. L’ho chiamato invece Europiana perché voglio che si capisca che c’è anche un po’ di quello, per questo ci sono anche le montagne sulla cover dell’album”.
Jack e la sua band torneranno a suonare live nel 2022. Il tour partirà dall’Italia a febbraio e toccheranno fino ad aprile tutta Europa, ma l’artista spera che ci possano essere anche delle occasioni già quest’anno. “Qua in Inghilterra è un susseguirsi di date che poi non possiamo fare, dato il continuo cambiamento delle regole. Avevamo in progetto un paio di Festival quest’estate che non so ora se avranno luogo. Abbiamo in mente di venire in Italia prima. Non vogliamo annunciare troppe cose per poi cancellarle per rispetto del nostro pubblico, cosa che rende più difficile l’organizzazione, ma preferiamo comunicarle solo quando sono certe. Spero che a settembre-ottobre arriveremo in Italia per fare delle date su delle piazze importanti, diverse dal solito, però importanti comunque”.
Un’anima, quella di Jack, che si rispecchia nelle sue origini, e si destreggia su due fronti: quello italiano e quello inglese. Spiega: “Quando sono in Inghilterra mi sento italiano e quando sono in Italia mi sento inglese. Ed è un po’ una sfortuna, ma anche una fortuna perché a me piace, non mi lamento. Mi toglie dai casini, perché sono sempre quello che viene da fuori, quindi non ho mai troppe responsabilità. Però vivendo nell’Oxfordshire vicino ad Oxford, che è la regione più chiusa in questa isola in cui vivo, mi sento un marinaio frustrato, assolutamente. Sogno il mare, si vede, si vede dall’album che ho fatto, dalla copertina dell’album che sono un marinaio frustrato. Come arrivo però in Liguria, mi sento molto un gentleman inglese, ma mi accorgo che non gioco totalmente in casa, ho delle differenze, o dei modi diversi di fare le cose”.
Un mix che si traduce anche nel look, suo e della band con cui suona, e che vedremo on stage durante i prossimi concerti. Conclude: “Credo che il look che abbiamo adesso sia molto genuino e nostro, non cambierei mai la mia band degli ultimi cinque anni. Siamo maturati tantissimo, nel senso che abbiamo capito che come ci presentiamo cambia come suoniamo. Quindi non c’è mai stata una divisa mia o della mia band, dobbiamo metterci il blu o il nero, la giacca e la cravatta, non c’è mai stato quel discorso. Il discorso è “vestiti e presentati per andare a lavorare”, perché per come uno si tiene fa la differenza, l’ho scoperto in questi anni di tournée. I cinque ragazzi che sono backstage, in t-shirt e jeans eccetera, rilassati, e i cinque che salgono sul palco vestiti bene, sono dei musicisti diversi, e io voglio quelli sul palco. Quando registriamo e quando lavoriamo voglio quelli sul palco, nella mia vita personale voglio quelli backstage. Ma quando lavoriamo tutti dobbiamo un po’ metterci questa “divisa”, è un po’ un ricordo che stiamo lavorando, che stiamo presentando qualcosa ad un pubblico. Questa idea ci è venuta con la maturità, e più che altro con il rispetto dell’audience, del pubblico, che forse all’inizio non avevamo tanto per essere onesto. Avevamo un pubblico ma lo facevamo molto per noi, più vai avanti in questo mestiere, più ti accorgi di quanto valore ti dà il pubblico e quanto ti dà in generale, quella connection con il pubblico va rispettata. Per me il modo migliore per fare del rispetto è presentarsi in un certo modo”.
credit image by Press Office – photo by Chris Floyd