Pupi Avati torna al genere gotico con L’orto americano, un film che mescola mistero, passione e un’atmosfera inquietante. Presentato come film di chiusura alla 81 Mostra del Cinema di Venezia, L’orto americano segue la storia di un giovane scrittore italiano che si innamora di una bellissima infermiera americana durante la Liberazione a Bologna. Trasferitosi in America un anno dopo, il protagonista si trova a vivere accanto alla casa della madre dell’amata, ormai scomparsa, separato solo da un sinistro orto.

L’orto americano Venezia 2024: la clip

Alla 81 Mostra del Cinema di Venezia, fuori concorso, Pupi Avati presenta L’orto americano, un film che segna il suo ritorno al genere gotico, da sempre uno dei capisaldi della sua carriera. La pellicola si colloca in una linea di continuità con le sue opere precedenti, come La casa dalle finestre che ridono e Il signor Diavolo, e racconta una storia di amore, ossessione e mistero che si snoda tra Italia e America alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il protagonista, interpretato da Filippo Scotti, è un giovane scrittore italiano che si innamora follemente di un’infermiera dell’esercito americano, interpretata da Chiara Caselli, durante la Liberazione a Bologna. Il loro è un amore nato da uno sguardo, una connessione che sembra predestinata. Un anno dopo, il ragazzo si trasferisce nel Midwest americano e, per coincidenza, va a vivere accanto alla casa della madre della donna, una figura disperata e in cerca di risposte. La figlia è scomparsa alla fine della guerra e non ha più dato notizie dopo aver annunciato di volersi sposare con un italiano. Tra le due case si erge un orto maledetto, che diventa il simbolo di un enigma oscuro e inquietante.

Avati porta sullo schermo una narrazione che si sviluppa attraverso due mondi: quello della provincia americana e quello dell’Emilia-Romagna, due realtà apparentemente lontane ma simili per atmosfere e tensioni. L’orto, che dà il titolo al film, diventa non solo un elemento simbolico, ma anche il luogo fisico in cui si consumano le paure e i segreti dei personaggi. Questo spazio di terra rappresenta una barriera tra il passato e il presente, tra la vita e la morte, e sarà il fulcro delle ricerche ossessive del protagonista.

L'orto americano Venezia 2024

photo by Elen Rizzoni

Il film si caratterizza per l’ambientazione gotica, arricchita dalla fotografia in bianco e nero che restituisce l’autenticità dell’epoca. Questo stile visivo conferisce un’atmosfera densa e angosciante, ideale per un racconto che fonde il dramma storico con elementi horror. Il contrasto tra il bianco e nero, i paesaggi rurali e i volti dei personaggi contribuisce a creare un senso di alienazione e mistero che accompagna lo spettatore lungo tutta la durata del film.

Uno degli aspetti più interessanti de L’orto americano è la capacità di Avati di mescolare il gotico con una storia d’amore apparentemente impossibile. L’ossessione del protagonista per l’inferniera americana non è solo una questione romantica, ma diventa una ricerca di sé stesso, un viaggio nei recessi più oscuri della propria psiche. Il personaggio vive in bilico tra realtà e fantasia, tra il desiderio di ritrovare l’amata e l’incapacità di confrontarsi con la verità. Questa tensione emotiva è resa con grande abilità da Filippo Scotti, che offre una performance intensa e sfumata.

Il cast de L’orto americano include anche Roberto De Francesco, Armando De Ceccon, Rita Tushingham e Massimo Bonetti, che contribuiscono a rendere la narrazione corale e densa di significati. Ogni personaggio porta con sé il peso della storia, del trauma e della perdita, in un contesto storico segnato dalle cicatrici della guerra.

La sceneggiatura, scritta da Pupi Avati e ispirata all’omonimo romanzo da lui pubblicato, è intrisa di riferimenti autobiografici e di un profondo legame con il cinema e la memoria. Avati descrive il protagonista come un giovane scrittore che, per poter creare storie, trae ispirazione dalle fotografie dei suoi cari scomparsi, portandoli simbolicamente con sé durante il viaggio in America. Questo aspetto sottolinea il tema del ricordo, un elemento centrale nella filmografia di Avati, che vede nel passato e nella morte le fonti principali della creatività.

L’orto americano è un film che esplora i confini del genere gotico, aggiungendo una dimensione sentimentale e introspettiva che lo rende unico nel panorama cinematografico contemporaneo. Con la sua atmosfera cupa, la tensione narrativa e l’analisi psicologica dei personaggi, il film si colloca come una delle opere più significative della carriera di Pupi Avati.

credit image by Press Office – photo by Elen Rizzoni