Parigi, 13Arr: Jacques Audiard, l’intervista al regista
Dopo aver conquistato il pubblico e la critica dell’ultimo Festival di Cannes, arriva nelle sale italiane Parigi, 13Arr. diretto da Jacques Audiard, considerato uno dei registi francesi più talentuosi, già vincitore, tra gli altri, di una Palma d’Oro e un Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, due Premi César, un Leone d’Argento a Venezia e due BAFTA.
Il trailer ufficiale
Il film – adattamento della graphic novel Killing and Dying di Adrian Tomine, edito in Italia da Rizzoli con il titolo Morire in piedi – racconta una moderna storia di amore e amicizia, giovinezza e sessualità, filmata in un sontuoso bianco e nero. Quattro vite con i rispettivi interrogativi esistenziali, quattro destini che si intrecciano sullo sfondo dei grattacieli parigini di “Les Olympiades”, quartiere nel XIII arrondissement. A vestire i panni dei giovani protagonisti, Lucie Zhang, Makita Samba, Noémie Merlant e Jehnny Beth.
Emilie incontra Camille, a cui piace Nora, il cui cammino si incrocia con quello di Amber. Tre ragazze e un ragazzo danno una nuova definizione dell’amore moderno.
Parigi, 13Arr: intervista a Jacques Audiard
Perché hai scelto Olympiades come titolo francese del film?
“L’Olympiades è un quartiere di grattacieli nel mezzo del 13° Arrondissement di Parigi, tra rue de Tolbiac e Avenue d’Ivry. Questo quartiere è nato grazie a un programma di rinnovamento negli anni ’70, da qui la sua omogeneità architettonica molto riconoscibile. Come omaggio alle Olimpiadi Invernali del 1968 a Grenoble, ciascuna torre prende il nome da una città che ha ospitato i Giochi Olimpici: Sapporo, Messico, Atene, Helsinki, Tokyo… mentre le strade prendono il nome dagli sport olimpici: rue du Javelot [via giavellotto], rue du Disque [via del disco].
L’Olympiades è un quartiere molto originale, esotico e vivace, con una fusione sociale e culturale impressionante. I personaggi del film vivono lì ed è lì che si incrociano. Il termine “Olympiades” è anche un riferimento alle imprese atletiche e, da un punto di vista più osé, può anche riferirsi alle prodezze sessuali dei personaggi.”
La sceneggiatura è un adattamento di tre storie dello scrittore americano di graphic novel Adrian Tomine. Cosa ti è piaciuto del suo universo e come hai scelto le storie da adattare?
“Le narrazioni di Tomine sono concise, vicine alla realtà, i loro personaggi sono persi e alla ricerca di qualcosa che neanche loro riescono veramente a capire. Mi sono piaciuti tutti questi aspetti. Inoltre i suoi disegni sono molto semplici e d’impatto, non distraggono dalla narrazione e sembrano fatti per il cinema, quasi come fossero uno storyboard. Inoltre, un po’ come Eric Rohmer, Adrian Tomine è un moralista: alla fine delle sue storie, i personaggi sembrano sempre aver imparato qualcosa sulla vita e su sé stessi.”
Come ti è venuta l’idea per il film? Cosa è successo che un giorno ti ha fatto svegliare dicendo: “Oggi adatterò tre storie di Tomine”?
“Sono sempre più convinto che l’espressione “cercare un buon soggetto” non abbia molto senso e che “cercare un soggetto” sia molto probabilmente il modo migliore per non trovarne mai uno, o al massimo per trovarne uno brutto. Non si cerca un soggetto, si pensa a forme e schemi, a cose in generale, fatte di luci, ritmi, colori, suoni, tipi di personaggi e temi. Ad esempio, dopo aver fatto I fratelli Sisters, ho iniziato spontaneamente a pensare al suo opposto, ovvero una storia urbana, con personaggi di città e un perimetro limitato (il 13° Arrondissement di Parigi) senza colori e con poca azione.
Quindi un giorno un amico mi parlò delle opere di Adrian Tomine, che non conoscevo. Le ho lette e poi tutte queste cose che turbinavano nella mia mente hanno iniziato a cristallizzarsi, diventando a poco a poco Parigi, 13° ARR.”
Parigi, 13 ARR è soprattutto un film sui giovani.
“Giovani sicuramente, ma non più adolescenti. I quattro personaggi principali sono giovani adulti, che hanno già qualche esperienza di vita, che si incontreranno e ameranno l’un l’altro. Hanno tutti un’esistenza sociale, non sono eremiti. Tre di loro sono sulla trentina e hanno già affrontato difficoltà nel trovare casa e/o un lavoro, attraversano crisi professionali e non riescono ad ambientarsi nella loro sessualità, figuriamoci in una relazione. Cambiano il loro stile di vita essendo appena diventati autosufficienti. Ecco dove sono, come le anime perdute dei racconti di Adrian Tomine.
Il personaggio di Camille (Makita Samba), un giovane insegnante di liceo, è già disilluso dal sistema scolastico, Nora (Noémie Merlant) è venuta a Parigi per tornare a scuola dopo un doloroso passato con la sua famiglia. Dopo aver trascorso molti anni a studiare all’università, Emilie (Lucie Zhang) sceglie, deliberatamente forse, di annaspare da un lavoretto all’altro. La cam girl Amber Sweet (Jehnny Beth) per la prima volta contatterà l’altro lato dello schermo.
In effetti, tutti i personaggi affrontano la disillusione, ma in senso positivo perché erano illusi di sé. Le esperienze che attraverseranno gli apriranno gli occhi su chi sono veramente, cosa vogliono e cosa amano davvero.”
Il film, che è molto radicato nel qui e ora, nel 2020, è stato girato in bianco e nero, il che è contro-intuitivo, ma gli conferisce un aspetto senza tempo.
“Ho già girato parecchio a Parigi e trovo che non sia una città facile da registrare: troppo museale, troppo haussmanniana; non ci sono abbastanza prospettive e linee… Scegliendo il 13° Arrondissement e le riprese in bianco e nero ho potuto offrire qualcosa di più grafico, cambiando le aspettative su Parigi. Abbiamo girato questa città europea quasi come fosse una metropoli asiatica. Alla fine si potrebbe dire che Parigi, 13° ARR è quasi un “film storico contemporaneo”. Poi, ovviamente, c’è anche l’omaggio visivo a Manhattan di Woody Allen.”
Solo un momento è girato a colori, in modo molto simbolico.
“Sì, quando nella storia viene presentata Amber Sweet, la cam girl, il che significa pornografia. Amber, che vediamo solo negli schermi di computer e telefoni e che vive lontano da Parigi, è di fatto il personaggio più influente della storia. Capovolgendo la vita di Nora, attraverso un effetto domino finisce per cambiare anche la vita di Camille e di Emilie.”
Parliamo dei personaggi, a cominciare dalla coppia Emilie/Camille, la cui storia è raccontata nella prima parte del film.
“Emilie, una giovane donna franco-cinese, è combattuta tra le ambizioni della sua famiglia e la sua libertà da giovane donna. Si è appena laureata alla prestigiosa Science Po School, ma ha deciso di guadagnarsi da vivere con dei lavori più umili (operatrice di call center, cameriera). È una ragazza brillante, ma perde molto tempo a combattere le aspettative della sua famiglia, che provoca meschinamente.
La vita di Camille invece è più concreta. Vediamo anche altri membri della sua famiglia. Incontriamo sua sorella, che prova a farsi largo nel cabaret. È una famiglia che ha goduto dell’istruzione offerta dalla scuola pubblica. Possiamo facilmente immaginare che la loro madre fosse un’insegnante di inglese o spagnolo e il padre un insegnante di matematica. Camille insegna lettere e sta vivendo una crisi professionale. Nel suo rapporto con gli altri, è allo stesso tempo affascinante e insopportabile. È arguto ma lo sa e gli piace il suono della sua voce. È interessato alle donne, l’amore della sua vita, e alla sua libertà. Ma perseguendo ciecamente questi interessi, finisce per rimanere incastrato nella sua stessa trappola.”
Parliamo anche di Nora e Amber, l’altra “coppia” del film.
“Nora ha 33 anni. È scappata dalla provincia e dal suo lavoro come agente immobiliare per tornare a studiare all’Università di Paris-Tolbiac. È una donna che non si rende conto di essere bella e intelligente. Pensa di essere noiosa, ma in realtà si trova solo a disagio in sé stessa. Incontrare Camille riesce a placarla, ma solo momentaneamente, sarà il suo incontro con Amber Sweet a cambiarle davvero la vita. Amber, che è schietta, coraggiosa e vissuta, le insegnerà cosa significa la libertà in tutte le sue sfaccettature. Nora verrà profondamente cambiata da lei.”
Raccontaci un po’ di come hai scelto gli attori e di come è stato lavorare con loro.
“Christel Baras, la direttrice del casting, è stata fondamentale nella scelta degli attori. Devo attribuirle il merito di aver trovato Lucie, Makita, Noémie e Jehnny. Avendo tutti i membri della troupe con diversi livelli di esperienza, abbiamo lavorato molto durante la pre-produzione: ovviamente abbiamo fatto molte prove, ma anche sessioni specifiche di lavoro su corpo e movimento, per affrontare le scene di “sesso” quanto più serenamente possibile.
Tre giorni prima dell’inizio delle riprese del film, abbiamo esaminato l’intera sceneggiatura dall’inizio alla fine in un teatro a Parigi. È stata un’opportunità per far incontrare tutti gli attori, così che potessero vedersi nei rispettivi ruoli, per farci un’idea di cosa funzionasse e cosa no, e anche per stabilire un rapporto di fiducia. Un’ultima cosa: abbiamo dedicato così tanto tempo alle prove, per assicuraci di riuscire a fare tutte le riprese nel minor tempo possibile, limitando così la nostra esposizione al Covid.”
Uno dei riferimenti principali del film è La mia notte con Maud (1969) di Eric Rohmer. Perché questo film è così importante per te?
“All’inizio della mia vita da giovane appassionato di cinema, vidi La mia notte con Maud. Il film mi lasciò una tale impressione che quando ho girato la mia prima opera, Regard les hommes tomber, nel 1994, ho chiesto a Jean-Louis Trintignant di interpretare il protagonista.
Ne La mia notte con Maud, due uomini e una donna, ma soprattutto un uomo e una donna, parlano tutta la notte. Parlano di tutto: di sé stessi, Dio, Blaise Pascal, la neve, la vita di provincia, le giovani ragazze cattoliche, ecc… Alla fine, nonostante siano stati mostrati e riconosciuti tutti i segni di un’attrazione reciproca, quando dovrebbero abbracciarsi e amarsi, non lo fanno. Come mai?
Perché è stato detto tutto e la seduzione, l’erotismo e l’amore sono stati tutti incanalati solo nelle parole. Dar loro un seguito sarebbe stato superfluo. Come funzionerebbe questa situazione oggi, quando ci viene offerto esattamente l’opposto? Cosa succede realmente nell’epoca di Tinder e del “farlo al primo appuntamento?” Può esserci un discorso amoroso in queste condizioni? Sì, certo, come potremmo dubitarne. Ma quando entra in gioco? Quali sono le parole e i protocolli? Questo è uno dei principali fili narrativi di Parigi, 13° ARR.”
Parigi, 13Arr. uscirà nelle sale italiane a partire dal 24 marzo 2022.
credit image by Press Office – photo by Shanna Besson