Ristorante Giannino Milano: l’intervista allo Chef Maurizio Lai
Ristorante Giannino Milano – Un ristorante storico che ha animato le serate del jet set internazionale e che conserva le sue tradizioni interpretandole in chiave contemporanea, questo è Giannino.
Dal passato attinge alla tradizione proponendo in chiave contemporanea, una cucina che è la congiunzione di esperienze asiatiche dello Chef Maurizio Lai, ma anche della sua terra di origine, la Sardegna, il tutto interpretato nella vivace ed eclettica Milano. Ecco allora la proposta di una terrina di Foie Gras, crumble al caffè tostato, gel al mirto e pompelmo laccato, oppure la fregola mantecata ai crostacei e miso di riso, gamberi rossi, nasturzio o ancora l’ossobuco di vitello, gremolada, patate morbide al tartufo. Una cucina immediata e per tutti che lascia un ricordo, ma soprattutto trasmette emozioni.
Tutte creazioni studiate e poi realizzate dalle sapienti mani di Maurizio Lai, Corporate Executive Chef di Milano e Londra. Prova dopo prova ecco i piatti ed il menu di Giannino 1899, un ristorante dall’ambiente ovattato e riservato, la cornice perfetta per un lunch di lavoro, per una cena romantica o per un ritrovo con amici.
Da Giannino si è accolti con eleganza e cordialità, il servizio in sala è eccellente e contribuisce a rendere l’esperienza gastronomica unica e che vale la pena rivivere.
Ristorante Giannino Milano: l’intervista allo Chef Maurizio Lai
Cos’è per te Giannino e come hai creato il nuovo menù?
“C’è stata molta ricerca prima di presentare il nuovo menù, soprattutto partendo da una cucina che già aveva delle proposte molto interessanti e vanta un passato importante. Da queste basi dunque e dalla tradizione culinaria milanese, che è la storia di Giannino, abbiamo lavorato con tutto il team per dare, in particolare in alcuni piatti, un’apertura un po’ più internazionale, ma senza mai dimenticare il territorio. Quindi il nuovo menù e frutto di molta ricerca e attenzione nello sviluppo dei piatti.”
Hai inserito alcuni elementi di contaminazioni in questa fase di ricerca sui nuovi piatti o questi elementi restano ancorati alla tradizione della cucina italiana?
“Sì tanti piatti si basano sul territorio, mi spiego la materia prima principale del piatto resta ancorata al territorio, che naturalmente non è strettamente milanese, ed essendo io anche sardo, ho cercato di inserire un po’ della mia terra, ho cercato di creare un connubio tra Sardegna e il resto del mondo. A parte pochi prodotti come il Carbonaro d’Alaska, dove usciamo dall’Italia, viene comunque associato alla tradizione italiana … ed in particolare alla bagna cauda, che è piemontese.”
Qual è il carburante della tua creatività? Cosa ti stimola e ti ispira?
“Mi stimola tantissimo la stanchezza, sono sincero. Nel senso che quando sono particolarmente stanco do’ sempre il meglio di me. Un carburante quindi un po’ naturale mescolato alle soddisfazioni e ad un po’ di ambizione. Cerco l’ispirazione nel rapporto con le altre persone, così come dalla lettura o guardando video, fuori dalla cucina.”
Il talento è qualcosa di innato o si impara?
“In qualsiasi ambito il talento lo devi avere, puoi imparare tantissimo, la formazione per questo è la base principale, però il talento lo devi avere dentro, altrimenti difficilmente riesci poi ad ispirarti nel tempo. Quello che ti arriva da dentro non si può imparare, secondo me.”
Il piatto che ti rappresenta di più?
“Sicuramente è un piatto vegetariano, ed è l’humus di ceci, sì perché abbiamo cercato di creare questo piatto in modo che fosse buono per tutti: dal vegano al vegetariano, da chi mangia carne a chi mangia pesce. Preparo questo humus di ceci con la salsa tahina, l’olio al sesamo, con sesamo tostato all’interno, sempre su una spremuta di lime, poi ci sono 14 verdure differenti a comporre il piatto, e per finire una composta di limoni e chips di quinoa. E’ questo il piatto che mi rappresenta, in questo momento e in questa fase. Va anche detto che mi piace molto lavorare con il pesce e in particolare tanto con il pesce povero, che riesco poi a reinterpretare in maniera molto elegante, mi piace rendere speciali una materia prima che viene solitamente considerata povera e dargli un’importanza che incuriosirà poi chi mangerà il piatto. Creare un senso di stupore… inaspettato!”
Qualche consiglio per i giovani che vogliono intraprendere la carriera di Chef?
“Faccio sempre e spesso formazione con i giovani che escono dall’alberghiero, penso che quello che manca oggi è una cultura sugli ingredienti, andare a scuola per imparare cosa sia un bollitore o l’attrezzatura da cucina è importante sì, ma conoscere gli ingredienti e la materia è fondamentale per creare nella testa del futuro Chef un’enciclopedia di sapori e futuri abbinamenti, poi dopo arriva la tecnica e tutto il resto”.