Salopette da donna 2019: la collezione zero di Febe celebra il capo iconico
Salopette da donna 2019 – Febe è una collezione di abbigliamento donna che ruota intorno al concetto di salopette. Nasce dallo spirito imprenditoriale di Alessandro Dell’Aquila e debutta a Milano con la collezione disegnata dal direttore creativo Antonio Bandini Conti.
Interamente prodotta in Italia, Febe definisce il nuovo lessico di un capo iconico ed evocativo come la salopette. E riunisce in sé il pragmatismo di una seria ricerca di mercato, che ha stabilito le concrete potenzialità del prodotto, con il forte impatto emotivo legato al mondo delle pettorine.
Febe prende il nome dalla figlia di Urano e Gea, nella mitologia greca gli Dei simbolo del cielo e della terra, una figura che Esiodo associava alla Luna, definendola «Scintillante». E come l’eroina ellenica, la collezione illumina la via verso una nuova femminilità dinamica e disinvolta.
Fonte di ispirazione di questa prima stagione, sono i costumi tradizionali delle popolazioni delle Ande in Sud America, elaborati in una potente commistione tra modernità e folklore. I colori di punta sono il rosso intenso, l’ocra dorato e il blu pavone, in tinte unite a contrasto, oppure mescolati insieme per creare maxi-geometrie all-over. I materiali spaziano dal cotone all’eco- pelle, al cady, alla duchesse.
Le shapes delle salopette alternano i modelli più accostati alla figura con effetto simil-bustier, a linee più scivolate e morbide, che all’occorrenza possono essere bloccate in vita da una fusciacca coordinata. Oppure evolvono in declinazioni più essenziali, con delle semplici bretelle staccabili in vita. Mentre la variante da gran sera guadagna scenografiche ruches che arricchiscono la schiena e lo scollo. E le pettorine sono foderate e stampate all’interno nei modelli in cui possono essere calate, rovesciandosi sul davanti.
Tutto parla il linguaggio dinamico e positivo della salopette, anche quando si tratta di capi complementari, come le T-shirt o le gonne corte e a ruota decorate da bretelle staccabili, come la pettorina dell’abito plissé.
La salopette, codificata nel 1890 da Levi Strauss e Jacob Davis ma con radici che affondano sul finire del Settecento, nasce come indumento da lavoro e nel tempo si trasforma in un must-have trasversale portato da uomini, donne e bambini, un simbolo di libertà dagli schemi preconfezionati del ben vestire.
Quasi sempre realizzata in denim ultra resistente, nell’America di inizio Novecento la indossano i contadini e i lavoratori di città nella variante blu, mentre i ferrovieri la scelgono rigata e i decoratori bianca. Durante la Prima Guerra Mondiale per la prima volta è usata anche dalle donne inglesi, entrate in fabbrica al posto degli uomini al fronte, ma è con gli anni ’60 e ’70 che la salopette diventa protagonista della grande rivoluzione culturale dell’epoca.
I ragazzi e le ragazze vestono la pettorina per raccontare anche attraverso agli abiti la loro voglia di emancipazione dalle rigide regole del passato. Proprio come i jeans, le T-shirt o la giacca da biker, la salopette diventa un indumento di culto, pur restando profondamente democratico e accessibile a tutti. Passati sotto silenzio gli anni ’80 ritorna ancora una volta protagonista nel decennio successivo, con l’estetica grunge che la affranca dall’immaginario a metà tra il pret-à-maman e il fanciullesco in cui nel frattempo era rimasta un po’ imprigionata.
Al pari delle camicie a scacchi messe una sopra all’altra o dei maglioni oversize tipici della contro-cultura degli anni ’90, la pettorina sfodera un’anima ribelle, con una sola bretella appoggiata alla spalla, se non addirittura entrambe lasciate pendere lungo i fianchi. Senza dimenticare all’universo delle salopette si affianca il filone delle tute, anch’esse nate a inizio Novecento dagli ambienti futuristi dove l’artista italiano Thayat, al secolo Ernesto Michaelles, ne inventa un primo esemplare con l’aiuto del fratello Ram, per liberare l’abbigliamento dell’epoca dalle regole della moda borghese e rendere tutti uguali (tout-de-même, in francese da cui deriva il nome).
Il processo di democratizzazione non gli riesce, però la tuta si diffonde tra aviatori come Charles Lindbergh (il primo a sorvolare l’Atlantico in solitaria e senza scalo), i militari durante la Seconda Guerra Mondiale e i piloti nelle competizioni automobilistiche. Per arrivare agli anni ’70 che la trasformano in cult unisex tra gli appassionati della scena disco, rendendola attillata nelle forme e scintillante nei tessuti, per esaltare la carica sexy si chi la indossava. E riprendere nuovamente quota all’inizio degli anni 2000, questa volta in sofisticate versioni cittadine, o addirittura come alternativa chic alle mise da tappeto rosso per le dive di tutto il mondo.
Oggi Febe raccoglie l’importante eredità della salopette, ne rielabora le proporzioni e il mood e dà vita a una visione up-to-date, fatta di capi versatili, dalla praticità sofisticata. Il brand per la collezione zero ha abilmente reinterpretato la salopette in capi che diventano abiti daily e nightly.